Disoccupazione all’8,3%, ma tra i ventenni sfiora il 30

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ROMA — Mentre sui mercati torna la paura con le Borse in picchiata e lo spread sul Bund tedesco nuovamente sopra la soglia di 400 punti, gli ultimi dati macro Istat fotografano un Paese sempre più in affanno. L’inflazione vola in ottobre al 3,4% sotto la spinta dei continui rincari dei carburanti e per buona parte — il 50%, spiega un ricercatore dell’Istituto di statistica — per via dell’aumento dell’Iva al 21% deciso dal governo nell’ultima manovra di agosto. Un andamento un po’ controcorrente visto che la stima flash di Eurostat indica per ottobre una media Ue ferma al 3%.
Cattive notizie anche sul fronte del lavoro. Per l’istituto guidato da Enrico Giovannini, il tasso di disoccupazione a settembre è salito all’8,3% contro l’8% di agosto. In cifre significa che in un mese gli occupati sono calati di 86 mila unità  con un nuovo allarme rosso sul «tasso di disoccupazione giovanile che sale al 29,3%», livello record dal 2004, quando sono iniziate le serie storiche. Un giovane su tre dunque è senza lavoro mentre il numero di disoccupati è cresciuto del 3,8% a oltre due milioni e 80 mila unità . Per il segretario confederale della Uil, Guglielmo Loy, i dati Istat sul lavoro sono conseguenza «del forte utilizzo della cassa integrazione» dentro una generale crisi dell’economia «drammaticamente debole sui consumi interni». Uno scenario che rischia l’avvitamento in particolare se l’aumento del corso dei prezzi viene accostato a quello dei salari fermo all’1,7% di agosto. Se non ci saranno grosse variazioni si tratta di un brutto trend: l’inflazione sta viaggiando a una velocità  quasi doppia rispetto a quella delle retribuzioni. Un divario prezzi-salari che si sta ampliando ancora con un gap che non si verificava da almeno 15 anni. Sullo sfondo la corsa del costo del denaro destinata a rendere più cari investimenti e mutui con la conseguenza di deprimere ancora di più la domanda. «Mentre discutiamo su cose difficili ed esoteriche come lettere e letterine — osserva l’economista Nicola Rossi, ora a Italiafutura di Luca di Montezemolo — la realtà  impone una tassa sul reddito fisso, una sorta di contributo di solidarietà  forzato che dovrebbe far riflettere anche i responsabili del sindacato».
Sono segnali molto negativi che arrivano in un momento di forte crisi su tutti i mercati internazionali. Ieri a Ginevra l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) per bocca del suo direttore generale Raymond Torres ha spiegato che il mondo è sull’orlo di una nuova e più profonda recessione con drammatiche ricadute sull’occupazione. L’Ilo ha presentato anche un originale indice di «tensione sociale» che mostra il livello di malcontento tra 45 Paesi, dovuto alla mancanza di posti di lavoro e al risentimento causato dalla percezione che il peso della crisi non venga condiviso in modo equo. Nella lista c’è anche l’Italia.


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    SE, per esempio, l’Autore dei Ricordi dal sottosuolo fosse tra noi e riprendesse la parola, troverebbe nel nostro tempo ragioni per convalidare quella che, allora, fu formulata, e generalmente considerata, come la farneticazione d’un visionario: «Allora tutte le azioni umane saranno matematicamente calcolate secondo quelle leggi…
oppure, meglio ancora, ci saranno pubblicazioni benemerite, sul genere degli attuali lessici enciclopedici, in cui ogni cosa verrà  calcolata e stabilita tanto esattamente, che al mondo non si daranno più azioni né avventure » (ma si finirà  nella noia mortale, aggiungeva Dostoevskij).

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La Banca mondiale favorisce il fenomeno definito land grabbing, accaparramento di terre? Pare proprio di sì. La Banca Mondiale è la banca per i poveri – o così pretende, con evidente ossimoro. Allora viene da chiedersi chi sono, oggi, i sempre più poveri a cui la crisi globale dal 2007 sta dando il colpo di grazia e che la Banca Mondiale avrebbe il compito di accompagnare in questa fase di crisi acuta.

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