Di Pietro e Vendola insistono sul voto “Monti? Non si compra a scatola chiusa”
ROMA – Cupo e pensieroso. Così appare Antonio Di Pietro nelle ore che seguono la caduta di Silvio Berlusconi. L’ex magistrato, l’eterno nemico, appare spiazzato come e più del Pd. La scelta del governissimo non gli piace per niente. Lo ha detto subito. Lo ripete a ora di pranzo al Tg1: si vada a elezioni anticipate, qualsiasi altra soluzione è «un inciucio che serve solo a rimanere attaccati alla poltrona». Poche ore più tardi, in Transatlantico, è più cauto: «Per ora diciamo no a qualcosa che non c’è, che non sappiamo da chi verrà guidato, da chi verrà sostenuto e per fare cosa». A sera infine, dopo la nomina di Mario Monti a senatore a vita, dopo che la nascita di un governo guidato dall’ex commissario europeo diventa qualcosa più di una voce, il leader dell’Italia dei Valori spiega a Repubblica: «A scatola chiusa non prendiamo niente. Da parte nostra ci sono grande rispetto e stima per il professor Monti, per il senatore Monti, ma così come non accettiamo le misure di macelleria sociale che ha in mente il governo, non le accetteremo da lui perché ha la faccia pulita». Di Pietro non crede che a un governissimo con tutti dentro abbia senso arrivare: «Le soluzioni a 360 gradi non funzionano, noi siamo per il sistema bipolare. Andare al governo a ingoiare rospi? E perché mai? Con chi? Per fare cosa?».
E’ qui, che la foto di Vasto sbiadisce. L’emblema dell’accordo con Bersani e Vendola ha bisogno – per restare nitido e fermo – che ci sia intesa sui passi da compiere, condivisione sulle misure necessarie a combattere la crisi. Di Pietro dice chiaro: cominciamo col tagliare i costi della politica e della casta, che sono strutturali. E’ da lì che si parte, non da pensioni e licenziamenti. Altrettanto chiaro il messaggio che arriva da Sinistra Ecologia e Libertà . Vendola è in Cina, i suoi tengono a dire di non sottovalutare affatto la crisi, ma di non credere che – in alcun modo – il governo tecnico possa essere la medicina giusta. Gennaro Migliore è cauto: «C’è bisogno di avere il massimo senso di responsabilità ». Quindi, Sel valuterà passo passo le decisioni del presidente Napolitano, le rispetta, apprezza la mossa di ieri – l’accelerazione impressa alle dimissioni del premier – ma ritiene che per rispondere a una crisi del genere serva un governo che duri cinque anni. Se mai ci fosse un governo di salvezza nazionale, poi, sarebbe inaudito – secondo Vendola e compagni (o amici come preferisce dire lui) – che arrivasse alla fine della legislatura con Sel fuori dal Parlamento. E dovrebbe fare subito l’unica cosa a questo punto ineludibile: mettere una tassa sui patrimoni.
Alla patrimoniale il Pd è ormai vicino, e lo stesso vale per Di Pietro, ma prima dei contenuti viene lo strumento. E il governo di salvezza nazionale – che strappa a metà la foto di Vasto – vede il Pd giocare un’altra partita.
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