Dal Rubygate ai nastri Fassino-Consorte l’ex premier imputato resta senza scudo

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MILANO – Ora che non è più premier, Silvio Berlusconi va incontro ai processi privo dello “scudo stellare”. La sua vulnerabilità  da imputato, dopo gli incontri con il presidente Giorgio Napolitano, si è elevata: le aule di giustizia lo aspettano. Sono, sino ad oggi, quattro i processi che ha a carico a Milano, luogo di commissione dei reati.
Uno, sulle frodi fiscali Mediaset attraverso compravendite estero su estero, si può pure lasciarlo per ora nell’angolo della memoria. Sono infatti gli altri tre ad essere ben più “pericolosi” per l’immagine e per le tasche dell’ex premier. Va citato subito il processo con l’accusa di aver corrotto un testimone, l’avvocato inglese David Mills, il quale “parlò molto poco” nei lontani processi di Tangentopoli. Mentre Mills, il teste corrotto, è già  stato condannato in via definitiva, il presunto corruttore Berlusconi è riuscito – grazie alle leggi ad personam – a rallentare il più possibile le udienze: forse avremo a dicembre la sentenza di primo grado, ma come si arriverà  alla Cassazione entro i pochi mesi che restano (marzo-aprile 2012)? Il rischio prescrizione (cancellazione) è reale.
Berlusconi teme infatti soprattutto i due casi che restano. Uno è stato oscurato dai tg ed è sconosciuto ai più, ma è ritenuto gravissimo nella sostanza. Nei giorni del Natale 2005 venne consegnata a Silvio Berlusconi in persona una chiavetta usb. Riportava un atto giudiziario non ancora depositato nel fascicolo, segreto, ma “rubato” dal boss della società  d’intercettazione: era il dialogo telefonico tra Piero Fassino (ex Pci) e Giovanni Conforte (Unipol), l’ormai famoso «Abbiamo una banca». Berlusconi in pubblico parla spesso contro le intercettazioni legali, in privato non pare così scandalizzato: le lunghe indagini, basate anche sulle dichiarazioni dell’imprenditore Fabrizio Favata, hanno ricostruito i retroscena dello scoop del Giornale. E, dopo vari batti e ribatti tra gip e procura, è stato deciso questo: Paolo Berlusconi va a processo per ricettazione, in corso. Per Silvio scatta il reato di rivelazione di segreto d’ufficio. Per lui l’udienza preliminare si terrà  il prossimo dicembre.
Nel frattempo avanza la valanga che, secondo la maggior parte degli osservatori, specie internazionali, ha causato il crollo dell’affidabilità  di Berlusconi: il bunga bunga. Aver ospitato a casa sua decine e decine di prostitute e «disperate delle favelas»; aver pagato in cambio di rapporti sessuali almeno una minorenne, Karima El Mahroug detta Ruby; essere il cliente di un «sistema» di prostituzione gestito da Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti, rischia di scaraventarlo in una scena infernale, senza rimedio. I processi-specchio, che chiamiamo Ruby-Silvio e Ruby-Fede, riprendono vigore tra una settimana esatta.
Lunedì si tiene la prima udienza di smistamento sul terzetto d’imputati composto dall’agente di spettacolo, dal direttore del Tg4 e dall’igienista dentale. I pubblici ministeri Pietro Forno e Antonio Sangermano sono intenzionati a smascherare la falsità  dell’espressione «cene eleganti». Lo faranno portando in aula un centinaio di testimoni, tra i quali Flavio Briatore e Daniela Santanché, protagonisti di una chiacchierata tombale sul premier («È malato, aveva ragione Veronica», si dicono, e sono suoi amici). Oltre a intercettazioni, indagini, analisi, i pm hanno a disposizione – ed è una novità  – le voci e le facce di alcune parti civili.
Sono due miss, Ambra Battilana e Chiara Danese, scappate sconvolte dal «troiaio» (definizione di un’altra teste), e la modella Imane Fadil, che pur difendendo il comportamento di Berlusconi con lei, è «schifata» dal mondo degli sfruttatori che lo circonda. Queste ragazze (e altre) hanno spezzato l’omertà  delle papi-girl, e ripetono quello che sanno in un’aula pubblica, piena di giornalisti stranieri, davanti a un collegio presieduto da Anna Maria Gatto, e composto da tre donne.
E sempre tre donne – sembra una nemesi – sono i giudici che il mercoledì successivo, 23 ottobre, si ritrovano davanti il procuratore aggiunto antimafia Ilda Boccassini. È lei che ha condotto gli interrogatori per ricostruire come nasce la «balla» di Berlusconi su Ruby, diciassettenne marocchina senza casa spacciata come parente di Hosni Mubarak. Su questo processo all’»imputato unico» Berlusconi – per concussione (la telefonata in questura) e prostituzione minorile – a Milano si stanno rincorrendo voci su possibili «confessioni a sorpresa». Anche perché Berlusconi, sbattuto giù dallo scranno di presidente del Consiglio, è diventato un parlamentare (quasi) “normale”.
Non può cioè ripararsi dietro il fatato legittimo impedimento. Non può più far invocare dal tandem Ghedini-Longo surreali summit internazionali. Se non si presenta in aula, diventa un imputato contumace: tutto qui. E le udienze bunghesche, sia nel suo processo, sia nel processo in cui si parlerà  sempre di lui, possono perciò correre. Correre ad esplorare l’indicibile. Il processo Ruby-Fede arriva a sentenza entro l’estate, forse addirittura a Pasqua. Ci metterà  poco di più il processo Ruby-Silvio. Non esiste possibilità  di prescrizione.
E la cancellazione per prescrizione diventa difficile (se dopo l’udienza preliminare ci sarà  il processo) anche nel caso del furto dell’intercettazione telefonica Fassino-Consorte. Serve una postilla: il gip che ha già  condannato a due anni e passa l’imprenditore Favata per la chiavetta portata ad Arcore, ha concesso a Piero Fassino il diritto al risarcimento del danno. Domanda importante: se Berlusconi sarà  processato e condannato, quanto potrà  chiedergli l’ex segretario del Pd?
È un punto cruciale. A seguire: per il caso Ruby, abbiamo un miliardario di 76 anni e alcune minorenni, più le “papi-girl” incapaci di reggere lo stress dell’aula. Quante di loro potranno chiedere e ottenere maxi-risarcimenti? E Lele Mora, ormai in bancarotta, come si regolerà  in caso di ulteriori debiti processuali? Disarmato dallo scudo ad personam, l’ex premier si ritrova a non poter più rimandare alle calende greche la resa dei conti (anche con se stesso): rischia di perdere, oltre al residuo di credibilità , un non trascurabile mucchio di danèe, e lo sa.


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