Da Ciampi a Draghi e al neo premier La classe dirigente a scuola dai gesuiti

by Sergio Segio | 16 Novembre 2011 8:50

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Anche Draghi è un ex, ma del romanissimo Istituto Massimiliano Massimo, erede del Collegio Romano fondato nel 1551 e chiuso nel 1870, dopo la caduta del potere pontificio, dal nuovo governo sabaudo.
Un terzo personaggio completa il quadro di ex alunni approdati ad alti impegni istituzionali: Carlo Azeglio Ciampi. Negli anni 30 studiò al «San Francesco Saverio» di Livorno. Nel 1999, quando Ciampi venne eletto presidente della Repubblica, l’allora novantenne padre Angelo Matini, suo istitutore di greco, lo ricordò come un tipo timido ma ottimo portiere. Invece padre Uberto Ceroni, 89 anni, ex assistente spirituale del «Leone XIII», ha tuttora in mente un giovane Monti eccellente in tutte le materie tranne che in educazione fisica. Il contrario di Mario Draghi, atleta di punta della squadra di basket del «Massimo», maturità  classica 1965 come Luigi Abete (sezioni diverse). Sia Monti che Draghi, come Ciampi, hanno conservato stili di vita e abitudini familiari assai simili nonché una solida fede, coltivata senza ostentazione, come insegnano i padri gesuiti. In un’intervista rilasciata a Radio Vaticana nel dicembre 2010 così Draghi spiegava il «metodo» gesuitico: ovvero far capire che «tutti noi al di là  di quello che potevamo fare come scolari, al di là  di quanto noi potessimo apprendere, avevamo un compito nella vita. Un compito che poi il futuro, la fede, la ragione, la cultura, ci avrebbero rivelato». Un «metodo» che a Roma si incarnò in padre Franco Rozzi, prima insegnante di greco e latino, preside del Classico, poi per anni assistente degli ex alunni. Gesuita severo, colto, esigente ma anche straordinariamente ironico.
Fino al V ginnasio Draghi studiò con Luca Cordero di Montezemolo e Cristiano Rattazzi. Nel 1966 si licenziarono il prefetto Gianni De Gennaro, capo dei Servizi segreti italiani, e monsignor Antonio Mennini, nunzio apostolico in Gran Bretagna. E fino alla I liceo Draghi studiò in classe con Giancarlo Magalli poi espulso dall’Istituto per aver tentato di evitare un pesante compito in classe sigillando i bagni nel corridoio, fingendo una improvvisa disinfestazione.
Sempre all’Istituto romano, in annate diverse, studiarono Francesco Rutelli, Paolo Cuccia, il francesista Alberto Beretta Anguissola, il direttore de «Il Fatto» Antonio Padellaro, Luigi Mastrobuono, neodirettore generale di Confagricoltura. Giuseppe De Rita, altro ex, ricorda sempre di aver assimilato una regola fondamentale: «Quando è necessario, si obbedisce perinde ac cadaver, come un cadavere, senza discutere…»

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