Crisi di fine mese per il 50% delle famiglie

by Sergio Segio | 18 Novembre 2011 7:56

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ROMA – Metà  delle famiglie italiane riesce «appena a far quadrare i conti». Il 15% deve intaccare ogni mese i propri risparmi. Il 6,1% è costretto a chiedere aiuti e prestiti. Nove nuclei su dieci potrebbero non reggere a uno choc economico inatteso. Mentre già  uno su quattro non sa come affrontare spese impreviste. «E’ arrivata la povertà  anche in un soggetto come la famiglia che fino a quattro o cinque anni fa era il presidio della nostra ricchezza», è il commento di Giuseppe De Rita, presidente del Censis, allo studio del Forum Ania-Consumatori presentato ieri. La crisi non molla, dunque. E anche se il nuovo dato Inps sul “tiraggio” della Cassa integrazione – ovvero il numero delle ore effettivamente utilizzate rispetto a quelle autorizzate – è in discesa (-45% nei primi otto mesi del 2011), l’anno che si chiude è ancora un “nero” per la famiglia e il lavoro.
Vulnerabilità  finanziaria e debolezza economica. Queste le espressioni chiave usate dallo studio per descrivere il momento di incertezza e fragilità  vissuto dal 94% delle famiglie italiane. In bilico non solo a fine mese, ma ogni qualvolta capita l’impensabile: un guasto all’auto, una visita medica, una multa o peggio la perdita del lavoro, l’assistenza improvvisa di un anziano, le malattie, gli incidenti. Il 24% non ce la fa. Il 70% solo tirando la cinghia. Il 15% preleva risorse dal conto, dopo aver finito lo stipendio. Il 6,1% si indebita. E il 50% a malapena bilancia entrate e uscite. Separati, divorziati, donne e meridionali i soggetti più esposti al rischio “crac”. Viceversa, un buon livello di istruzione, il lavoro a tempo indeterminato, la proprietà  della casa in cui si vive, l’entità  del patrimonio finanziario e pure una buona polizza sulla vita assicurano comprensibilmente sicurezza e benessere. Lo certifica il campione di 3.102 capifamiglia intervistati da Ania-Consumatori in collaborazione con l’Università  degli Studi di Milano.
Famiglie vulnerabili e deboli, dunque, anche a causa di un lavoro sempre più incerto. I dati sulla Cassa integrazione (291 milioni di ore usate fino ad agosto su 648 milioni richieste, meno del 50%), seppur confortanti perché segnalano un trend in discesa, non consentono ancora di porre la parola fine alla forte crisi industriale in atto. «Prevedibilmente, il dato del tiraggio si attesterà  nel 2011 sulle 500 milioni di ore effettivamente utilizzate, 100 mila in meno rispetto allo scorso anno ma pur sempre un dato mostruoso e per il terzo anno consecutivo», avverte Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil. «Il sistema produttivo è fermo, non si riprende. Anzi si riducono imprese e occupazione. La Cig cala non perché tutti rientrano in azienda, ma perché si accelera l’espulsione dei lavoratori». Dati poco rassicuranti anche per la Uil: «Rimane ancora molto elevato il ricorso alla cassa integrazione straordinaria e in deroga. Ciò segnala il consolidamento di una crisi strutturale», sottolinea il segretario confederale Guglielmo Loy.

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