Contagio, salta megafondo Usa: prima vittima Obama in pressing sul G20 per aiutare la crescita

by Sergio Segio | 1 Novembre 2011 7:50

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Scatta il contagio dall’eurozona all’America. E’ il peggior timore di Barack Obama che si realizza. La prima vittima illustre a Wall Street si chiama Mf Global, una società  con due secoli di storia alle spalle: nata come broker, poi specializzata nei derivati, infine cresciuta fino a diventare una vera e propria investment bank. E da ieri fallita: per colpa dei titoli di Stato italiani, spagnoli, greci, portoghesi. E’ lo spettro di una temibile cinghia di trasmissione, che può risucchiare nella crisi dell’eurozona anche le banche americane.
Mf Global non era un attore qualunque, tantomeno marginale: la dirige un personaggio arcinoto a Wall Street, Jon Corzine già  numero uno di Goldman Sachs, ed ex governatore del New Jersey. Un nome importante nel Gotha della finanza americana. Travolto per avere sottovalutato la debolezza di debitori sovrani come l’Italia. Il crac di Mf è l’ottava bancarotta più grossa nella storia degli Stati Uniti. La sua causa: 6,3 miliardi di dollari di investimenti in Btp italiani e bond degli altri Pigs dell’Europa mediterranea. La procedura di bancarotta avviata ieri da Corzine non è grave solo in sé, ma anche per gli altri soggetti che chiama in causa. Di rado una banca casca da sola. Nel caso di Mf i partner più esposti si chiamano nientemeno che JP Morgan Chase (il più grosso istituto americano) e Deutsche Bank. Le prime valutazioni, fornite dallo stesso Corzine, indicano un’esposizione di 1,2 miliardi di dollari per JP Morgan e 325 milioni per Deutsche Bank: sono i crediti che questi due colossi vantano verso Mf e che ora finiranno nella procedura di liquidazione fallimentare (detta Chapter 11).
Da ieri su Wall Street è tornato lo spettro di Lehman, il crac bancario da cui tutto ebbe inizio nel 2008: perché anche in quel caso la banca fallita era relativamente piccola rispetto alle sue consorelle; ma gli effetti furono amplificati per la ragnatela di esposizioni reciproche, di crediti incrociati. Ieri sera molti banchieri si affrettavano a precisare che Mf è decisamente ancora più piccola di Lehman. Ma il tracollo ha rilanciato le preoccupazioni per i legami occulti fra Wall Street e l’eurozona: già  nei giorni scorsi erano circolate preoccupazioni per l’esposizione di tipo “assicurativo” della Goldman Sachs e altri colossi verso quelle banche europee a loro volta gonfie di titoli pubblici italiani o spagnoli ad alto rischio. Come nel 2008, tutto si tiene, e questo spiega la massima allerta alla Casa Bianca, alla vigilia del G20 di Cannes. Non rassicura gli americani, l’astruso marchingegno finanziario con cui l’eurozona ha potenziato il suo fondo salva-Stati Efsf. Dopo aver tanto criticato Wall Street per la “finanza tossica” che fu all’origine del disastro sistemico del 2008, ora l’eurozona usa strumenti del tutto identici (dai “credit default swaps” agli “special purpose vehicle”) e possibilmente altrettanto opachi, per aumentare la potenza di fuoco del fondo salva-Stati.
Obama porta con sé al G20 di Cannes un’altra preoccupazione altrettanto grave. Le previsioni Ocse sulla crescita confermano la sua analisi: l’eurozona sta sprofondando verso la recessione. E tutte le terapie somministrate per volontà  del direttorio franco-tedesco, insieme con la Bce e la Commissione di Bruxelles, rischiano di accelerare la caduta della crescita. Anche qui, i costi si sentiranno ovunque nel mondo: dagli Usa alle nazioni emergenti. Obama porta questo messaggio al G20: «La ripresa mondiale resta troppo fragile, occorrono politiche di sostegno alla domanda e per la creazione di lavoro». Obama ha il sostegno del Fondo monetario, che condivide la sua paura: troppi paesi stanno spingendo simultaneamente sul pedale del freno, attraverso politiche di bilancio concentrate in modo ossessivo sui tagli ai deficit pubblici. Operazioni autodistruttive, se impediscono la crescita: perché con la recessione i debiti pubblici pesano ancora di più. Non solo i paesi più “sfiduciati” dai mercati come Italia Spagna e Grecia, ma anche la Germania in questa fase sta facendo poco o nulla per il rilancio della crescita. «Tutta l’Europa nordico-germanica con la sua austerità  rischia di indebolire gli stabilizzatori automatici anti-recessione, compresi gli aiuti ai disoccupati» avverte il Wall Street Journal. Fred Bergsten del Peterson Institute parla di «una vera e propria ossessione, se i tagli al deficit li applicano anche quei paesi che godono ancora delle fiducia dei mercati».
A Cannes Obama tenterà  di rilanciare la sua “dottrina dei due tempi”: nell’immediato la recessione è il pericolo più grave e occorrono politiche per l’occupazione, assortite con piani credibili di riduzione dei deficit nel medio termine. Il presidente americano ha deciso che al G20 vedrà  in summit bilaterali solo Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, gli unici che contano. Sperando che vogliano ascoltarlo.

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