Camera, maggioranza a 311 Fiducia appesa a pochi voti
ROMA — I «traditori» vuole guardarli negli occhi e magari sussurrare scherzosamente a ciascuno l’antico monito: «Anche tu Bruto, figlio mio»? La sfida di Silvio Berlusconi mette a dura prova la tenuta dei frondisti nel giorno del voto sul rendiconto di bilancio. Sulla carta, se i partiti di opposizione non cambieranno linea rispetto all’intenzione di astenersi compatti, Pd, Terzo Polo e Idv possono avere fino a 315 voti, contro i 311 a cui rischia di fermarsi la maggioranza. La previsione lasciata filtrare dai centristi potrebbe essere ottimistica, perché molti «malpancisti» ritengono che il documento finanziario sia «un atto dovuto». Ma i due schieramenti tengono coperte le rispettive strategie e i colpi di scena non sono esclusi.
Berlusconi ha scatenato l’inferno per recuperare i suoi e ora i deputati da cui dipendono le sorti della legislatura sono tormentati dai dubbi. Passare il Rubicone e cercare approdo nella terra promessa del Terzo Polo? Tornare indietro con la testa cosparsa di cenere? Oppure restare (pericolosamente) in mezzo al guado? Il timore di molti è che abbia ragione Giorgio Stracquadanio, quando dice che «quella di Casini è una trappola» perché l’Udc non avrà mai un posto in lista per tutti. Con questi crucci sono andati a dormire quei deputati del Pdl che hanno ricevuto la telefonata del capo del governo o che hanno tra le mani un invito per Palazzo Grazioli. Roberto Antonione non andrà a farsi dare del traditore dal Cavaliere. Isabella Bertolini invece salirà nella dimora del premier e alle 11 e 30 toccherà a Stracquadanio, che chiederà all’«amato Silvio» di liberarlo dal «marchio di infamia» che si sente addosso da quando ha firmato la lettera dei dissidenti dell’Hotel Hassler. Voterà la fiducia? «Vedremo — prende tempo Stracquadanio —. Ma un berlusconiano non può darsi del puzzone da solo». Parole che autorizzano ad annotare il suo nome nella lista dei «recuperati». Berlusconi ha chiamato persino Ida d’Ippolito e Gabriella Carlucci, ma le due neocentriste gli hanno dato una delusione. Eppure i leader delle opposizioni sono nervosi, speravano in una valanga che ancora non si vede e temono che una mozione di sfiducia si riveli un boomerang. Per questo la depositeranno solo una volta raccolte 316 firme in calce. A sera il pallottoliere delle minoranze dava questo responso in caso di voto di fiducia: 312 voti per il fronte di Fini, Casini, Bersani, Rutelli e Di Pietro e 311 per Berlusconi e Bossi. Non sono numeri assoluti, certo. Dando per scontato il sì di Stracquadanio e Bertolini e il no di Antonione, Fabio Gava e Giustina Destro, restano da collocare tre presunti indecisi. Antonio Milo? Le opposizioni sono convinte di averlo con loro perché ha firmato il documento di Luciano Sardelli ed Enzo Scotti, il sottosegretario che ieri si è dimesso dal governo. Giancarlo Pittelli? È uno dei sei «ribelli» dell’Hassler e dunque i bookmakers di Montecitorio lo danno in fuga dal centrodestra. E Antonio Buonfiglio? L’ex finiano, approdato in Fare Italia con Urso, Ronchi e Scalia, ha detto con chiarezza: «Senza allargamento della maggioranza io sulla fiducia mi astengo». E il rendiconto? «Se diventa una fiducia non lo voto». Sulla carta, dunque, tre voti che potrebbero rafforzare le opposizioni e portarle a 315. I vertici del Pd smentiscono che i numeri siano «così alti», ma chi può dire che non sia un depistaggio? Il finale è da scrivere, le incognite sono più delle certezze. Pippo Gianni, deputato del Pid con una discreta dote di voti in Sicilia, ha parlato con Casini e nell’Udc sarebbe accolto come un figliol prodigo. Lui andrebbe pure, ma non vuole «dare un dolore» al suo amico Saverio Romano. E in Sicilia si parla molto anche di Pippo Scalia, l’ex finiano di Fare Italia che è in forte disagio nel centrodestra. In compenso Francesco Stagno d’Alcontres conferma di essere stato contattato da Casini, che gli ha «ripetutamente chiesto di passare all’Udc». Ma invano, perché il deputato ha deciso di restare in Grande Sud con Gianfranco Micciché.
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