Bossi diserta Arcore: “Alleanza per ora finita”
MILANO – Berlusconi chiama Bossi: «Vieni ad Arcore». E lui risponde con un no che illumina la nuova fase aperta nei rapporti tra Lega e Pdl. «Questa – certifica Roberto Maroni – è la prima separazione tra noi e Berlusconi negli ultimi tre lustri; ora noi siamo all’opposizione, anche del Pdl». Così ieri la segreteria politica del Carroccio in via Bellerio non ha avuto alcuna “coda” con la tradizionale cena ad Arcore. E a mettere altro sale sulle ferite aperte tra i due partiti, fioccano le polemiche sul secondo decreto legislativo per Roma Capitale approvato ieri dal Consiglio dei ministri: più poteri alla città e sblocco di 350 milioni per il piano di rientro sanitario della Regione Lazio. L’ex ministro Roberto Calderoli si dice «onorato» di aver bloccato a suo tempo il primo decreto, e «stupito» perché il governo «come suo primo atto approva un provvedimento che servirà solo a promuovere la spesa pubblica». Gli risponde, con l’aria di chi si è svegliato da un incubo, il sindaco di Roma, il pidiellino Gianni Alemanno: «Oggi si sente che la Lega non è più nel governo». Ma su quel decreto è critico pure il pd Piero Fassino, sindaco di Torino: «Auspicabile aprire un negoziato tra governo ed enti locali per riscrivere il Patto di stabilutà ed evitare che dopo leggi ad personam ci siano adesso leggi ad urbem», come del resto è successo col la deroga al Patto concessa a Milano per l’Expo.
Ad aggiungere tensione tra ex alleati, il caso Tremonti. Il già superministro rinnova – aprendo qualche breccia nella mente di Bossi – la richiesta di passare dal Pdl alla Lega, mentre i colonnelli del Carroccio, a cominciare da Maroni, fanno muro: «Non esiste che Giulio venga da noi a condurre lui le danze». Ma Tremonti insiste, e in serata bussa al portone di via Bellerio per incontrare di nuovo il Senatùr. Prima, durante la segreteria, Maroni stoppa in modo definitivo l’ipotesi di traslocare dal Viminale alla presidenza del Copasir. Lo dice in modo chiarissimo ai due capigruppo parlamentari, Reguzzoni e Bricolo, che per primi lo avevano candidato, forse anche per impedirgli di guidare il gruppo alla Camera: «Per cortesia, non fate più il mio nome, io voglio fare politica, da battitore libero». Resta il nodo delle altre presidenze di commissione, quelle “ordinarie”, e nella Lega si fa strada l’idea di rinunciare al Copasir per mantenerle, nonostante ora sia all’opposizione.
Un’opposizione che sembra impensierire Bossi. Domenica, dopo il no a Berlusconi, il Senatùr con i suoi colonnelli si è abbandonato a considerazioni un po’ sconsolate: «Qui è tutto perso, come facciamo ad andare avanti?». E ieri ha partecipato solo per cinque minuti alla riunione di segreteria, salvo poi accogliere Tremonti nel suo ufficio da segretario. «Capisco che il Capo in questo momento si senta solo – confessa un dirigente di prima fascia – ma noi non accetteremo mai di essere commissariati da Tremonti dopo quel che ha combinato». E c’è anche chi invoca lo statuto interno: “l’amico Giulio” è del Pdl, chi viene da un altro partito deve fare una trafila di cinque anni prima di essere accettato come iscritto al Carroccio. Ma decidere, come sempre, sarà Bossi.
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