Borse a picco, ora è Parigi a far paura
Crollano le Borse europee, che in un giorno bruciano 194 miliardi di euro. Piazza Affari lascia sul terreno il 4,74% ed è la peggiore. Madrid cede il 3,48%, Parigi il 3,41%, Francoforte il 3,35%, Londra il 2,62%. Perde pesantemente anche Wall Street. La colpa, dicono gli operatori, è del fallimento a Washington della commissione bipartisan — repubblicani e democratici — incaricata di trovare un accordo per diminuire gradualmente il maxideficit Usa. I timori di misure alternative pesanti torna ad innescare la paura della recessione e i mercati azionari reagiscono male.
Anche il nuovo avvertimento di Moody’s alla Francia, sempre più a rischio di perdere il rating più alto della tripla A, preoccupa e butta giù i listini. Che, questa volta risentono meno delle tensioni sui debiti sovrani europei: la situazione dei titoli pubblici resta sotto pressione ma per un giorno non è sotto i riflettori. I movimenti sono pochi, si attendono le iniziative europee che dovrebbero scaturire dagli incontri al massimo livello di Bruxelles e Strasburgo, ai quali parteciperà il premier italiano Mario Monti. Gli investitori aspettano cioè segnali su un’iniziativa concreta sugli eurobond, o stability bond, e sviluppi sul dibattito riguardo ad un ruolo più incisivo della Bce nel sostegno dei debiti sovrani.
Ma è ancora tutto molto incerto. Quanto ai nuovi bond europei, per i quali la commissione Ue ha individuato tre ipotesi, un portavoce del cancelliere tedesco Angela Merkel ha già detto che «non sono una panacea» per la crisi del debito, mentre secondo il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, i nuovi strumenti non sono certo «un’assurdità ». Il commissario Olli Rehn a sua volta ha sottolineato che comunque occorra «ripristinare la stabilità macroeconomica» e «spingere per misure che rilancino il potenziale di crescita».
Nelle discussioni sul ruolo della Bce, si oppone, e ieri se ne è fatta interprete anche la federazione delle banche private, la Germania. «La crisi del debito sovrano è soprattutto una crisi di fiducia nella capacità dei politici di fare la cosa giusta nel momento giusto» ha detto Jà¼rgen Stark, componente tedesco dimissionario del comitato esecutivo di Eurotower mentre il governatore austriaco Ewald Nowotny ha affermato che la banca centrale europea non stamperà nuova moneta per far fronte al debito in Europa e comunque la discussione sul ruolo della Bce in questi tempi difficili «sarà fatta a Francoforte al momento opportuno». Quanto ancora alla Bce, ieri ha reso noto di essere tornata la scorsa settimana ad acquistare titoli pubblici dei Paesi in difficoltà , Italia e Spagna in particolare, in quantità doppia rispetto ai sette giorni precedenti: 7,9 miliardi di euro contro 4,4 miliardi.
Ieri comunque i btp si sono mossi poco, i rendimenti sono saliti rispetto a lunedì ma sono rimasti a distanza di sicurezza dalle soglie di allarme rosso: i decennali hanno chiuso al 6,66% mentre lo spread rispetto ai bund tedeschi di uguale durata si è attestato appena sopra i 474 punti dopo aver oscillato tra i 466,5 e i 487,5 punti. Più ampi i movimenti dei bonos spagnoli, che hanno chiuso con uno spread a 463 punti e che non hanno beneficiato dalla spinta positiva dei risultati delle elezioni. I titoli francesi, sempre sotto osservazione, hanno registrato su 156 punti.
Ma la tempesta ieri, come detto, si è abbattuta sulla Borsa. A Piazza Affari è continuato il tracollo di Bpm che, dopo un recupero iniziale, ha perso il 6,82%. Intesa ha ceduto il 5,66% e Fonsai è scivolata del 6,61%. Al centro dell’attenzione degli investitori è rimasta Finmeccanica, colpita dagli scandali legati all’inchiesta sugli appalti Enav. Il titolo, reduce da una settimana pesante dopo i conti negativi della trimestrale, ha ceduto un altro 6,60%. Molto negativa anche la Fiat in ribasso del 6,84%.
L’euro, infine. La moneta unica, ancora debole, è tornato a scendere sotto 1,35 dollari.
Related Articles
«La crisi? Il game over non si vede» Tremonti rilancia i «suoi» eurobond
Il titolare dell’Economia attacca i banchieri: non hanno proposto regole serie
Il «confronto» è partito, ma non c’è