Bocconi, Trilateral e Goldman Sachs: il premier lascia tutti gli incarichi

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Il neopremier farà  dunque solo il premier, gli altri impegni sono stati annullati. Evidentemente per ritenuta «incompatibilità », concetto che nel nostro Paese è di solito di incerta applicazione.
Su sua richiesta Monti è stato dunque sospeso dalla presidenza della Bocconi, incarico che ricopriva dal 1994 e ha in un certo senso «ereditato» da Giovanni Spadolini, che il premier ha citato anche in Parlamento. Ricordando le sue parole: «I presidenti passano, i professori restano». Per Monti in questo caso, professore in pensione, potrebbe in un certo senso valere il contrario, perché quando si concluderà  il mandato è probabile ritorni al board dell’ateneo. Oggi e per tutto il periodo il suo incarico passerà  al vicepresidente, il «guru» di bilanci e valutazioni Luigi Guatri. Monti, che sempre su sua richiesta è stato inoltre sospeso da consigliere dell’Istituto Javotte Bocconi, replica in effetti proprio quanto è successo nel ’79 a Spadolini: l’unico caso di sospensione dalle funzioni di presidente risale al breve periodo in cui il senatore (presidente della Bocconi dal 1976 al 1994) aveva assunto l’incarico di ministro della Pubblica istruzione nel governo Andreotti V, dal 20 marzo al 3 agosto 1979. Spadolini aveva invece continuato a esercitare le funzioni di presidente dell’università  sia durante i due governi da lui presieduti (nel 1981 e 1982) sia nel ruolo di presidente del Senato (’92-94).
Ma, se a Milano farà  certo una qualche impressione la rinuncia alla presidenza dell’ateneo, altrettanto se non maggiore eco avranno forse gli altri «addii»: quelli dagli incarichi che più gli rimprovera chi lo definisce un tecnico sì ma «legato ai poteri forti». Anzitutto l’abbandono della consulenza in Goldman Sachs: la banca d’affari americana lo aveva chiamato come advisor (al pari di altri italiani politici e non, come Romano Prodi o Gianni Letta) in virtù della consuetudine consolidata di assicurarsi alcune competenze internazionali. Monti aveva lasciato il suo secondo incarico in Commissione europea, quella volta con la delega Antitrust e Goldman lo aveva chiamato come advisor proprio su temi legati alla concorrenza. Attualmente le competenze richieste erano su temi più generali di politica economica internazionale.
Monti ha poi lasciato la carica di presidente europeo della Trilateral Commission, il think tank «globale» fondato da David Rockfeller nel 1973. E che vede diversi altri partecipanti italiani: da Enrico Letta a Enrico Tommaso Cucchiani, finora in Allianz e da ieri neoamministratore delegato di Intesa Sanpaolo; da Carlo Pesenti al banchiere Maurizio Sella, dall’italiano «per carica» Dieter Rampl, presidente di Unicredit a Pier Francesco Guarguaglini di Finmeccanica.
Infine, il premier ha lasciato lo steering committee del gruppo Bilderberg, nel quale l’unico altro componente italiano è Franco Bernabé, presidente di Telecom. Istituito nel castello olandese appunto di Bilderberg nel 1954, il gruppo si riunisce ogni anno in alberghi di lusso o resort di località  spesso piuttosto famose (l’ultima volta in giugno a Sankt Moritz). Agli appuntamenti, ai quali si accede solo per invito, partecipano capi di Stato, esponenti di monarchie, politici, protagonisti dell’economia e della finanza. Insomma il gruppo, fondato dal principe d’Olanda Bernhard van Lippe-Biesterfeld (che ne è stato presidente fino al 1976, quando si è dimesso in seguito allo scandalo Lockheed) da oggi dovrà  «rinunciare» a Monti. Che farà  solo e soltanto il presidente del Consiglio italiano.


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