by Sergio Segio | 11 Novembre 2011 8:06
FRANCOFORTE — Lorenzo Bini Smaghi, si è dimesso con quasi due anni di anticipo dal board e dal Consiglio direttivo della Banca centrale europea. Andrà ad insegnare all’Università di Harvard dal primo gennaio prossimo. La svolta ieri sera con una nota dell’Eurotower, nella quale il neopresidente Mario Draghi ha espresso «gratitudine» a Bini Smaghi per il suo «eccezionale contributo» ai lavori della Bce, e «per la sua dedizione, come membro del Comitato esecutivo e del Consiglio direttivo, per oltre sei anni». Il numero uno della Bce ha voluto precisare soprattutto che «in tutto il suo mandato, inclusa la sua decisione, Bini Smaghi ha sostenuto l’indipendenza della Bce». Un punto, questo, molto importante, ribadito ieri anche dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. E da mesi al centro del dibattito nelle capitali europee, a causa delle pressioni esercitate a partire da giugno dai governi di Parigi e Roma affinché il componente italiano nel board della Bce lasciasse l’incarico, per far posto a un rappresentante francese, in modo da evitare di avere due italiani nel board, dopo l’arrivo di Draghi. Ora il mondo finanziario attende il nome del rappresentante francese che sostituirà Bini Smaghi nel board, il think-tank della Bce, che prepara tutte le decisioni fondamentali da sottomettere al direttivo allargato ai 17 governatori dell’euro.
Napolitano ha sottolineato che «la decisione conferma l’attaccamento di Lorenzo Bini Smaghi al principio e al valore dell’indipendenza della Bce», e rimarcato la «piena libertà » e la «prova di assoluto disinteresse personale», del banchiere.
Parole di lode molto apprezzate anche nelle altre capitali europee. E naturalmente a Francoforte, dove le pressioni esercitate su Bini Smaghi sono state vissute come una battaglia per l’applicazione dei Trattati. Il cui rispetto, soprattutto per quanto riguarda l’indipendenza della Bce e dei suoi membri da ogni pressione esterna, è un principio cardine, ereditato dalla Bundesbank, la banca centrale tedesca. Senza indipendenza non si può decidere liberamente se aumentare o diminuire il costo del denaro per mantenere la stabilità dei prezzi, e viceversa. Un principio dunque ben più importante delle regole non scritte, come quelle dei calcoli degli equilibri fra le diverse nazionalità all’origine del braccio di ferro fra Parigi, Roma e Francoforte. Per Bini Smaghi era importante che si percepisse l’importanza dell’indipendenza della Bce e dei suoi consiglieri anche dalle autorità dei paesi rappresentati nel Comitato esecutivo. E una volta riconosciuti questi principi, è venuto il momento di guardare avanti e di procedere all’avvicendamento entro fine anno. Ancora pochi giorni prima del passaggio di consegne alla presidenza, il primo novembre, era spuntata l’opzione di Bini Smaghi a governatore della Banca d’Italia, un incarico visto soprattutto nelle capitali estere come sbocco naturale ai sei anni passati nel board della Bce.
Caduta quest’ipotesi, Bini Smaghi ha scelto ora di andare a insegnare Relazioni finanziarie internazionali al Centro di studi internazionali di Harvard, fra le migliori università al mondo. Per ora. Perché per tutta la giornata di ieri le agenzie di stampa hanno martellato sull’eventualità di una sua nomina a ministro – dell’Economia o dello Sviluppo – del probabile futuro governo di Mario Monti. Ma Bini Smaghi si trincera dietro a un «no comment». Per ora è importante aver sbloccato una situazione di impasse, iniziata nel giugno scorso con le pressioni di Roma e Parigi affinché si dimettesse.
Resistendo, Bini Smaghi ha dato un segnale, di grande indipendenza. Ma anche di grande coraggio, si commenta fra i consiglieri della Bce, schierati dalla parte di Bini Smaghi. Nessuno avrebbe potuto obbligarlo a lasciare l’incarico. Ma non tutti avrebbero resistito.
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