Berlino: niente fondi e diritti di voto a chi viola le regole

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BRUXELLES — La chiusura del rubinetto dei trasferimenti comunitari: niente più fondi strutturali a chi viola le regole di Maastricht sul deficit e sul rientro del debito entro la soglia del 60% del Pil. Non solo: l’esclusione dal diritto di voto, con conseguente annullamento del diritto di veto, per tutti i Paesi europei che non saranno in regola con le regole fiscali del Trattato.
Nell’ultimo vertice con Mario Monti e Nicolas Sarkozy, a Strasburgo, pochi giorni fa, la Cancelliera tedesca ha dettato queste condizioni. Nei saloni della prefettura della città  francese si è delineata la settimana scorsa quella che potrebbe essere la soluzione di lungo periodo, al di là  del potenziamento del fondo Salva Stati di cui ieri sera il nostro premier discuteva con i colleghi delle Finanze dell’Eurozona, per uscire dalla crisi dell’euro.
Le soluzioni che Berlino ha in mente per un’uscita definitiva dalla crisi prevedono alcune piccole, ma sostanziali modifiche ai Trattati: modifiche che riguardano solo alcuni titoli, o paragrafi, della legislazione costituzionale dell’Unione Europea, ma che potrebbero anche essere approvate in sede di Conferenza intergovernativa, come avvenne nel caso di Nizza, in modo solenne, con emendamenti immediatamente vigenti, senza l’attesa delle ratifiche dei Parlamenti dei Paesi che aderiscono all’euro.
Il piano studiato fra Berlino e Parigi, e che potrebbe essere presentato al Consiglio europeo della prossima settimana, prevede un’armonizzazione delle politiche fiscali con sanzioni molto più pesanti di quelle attuali e che sostanzialmente sospenderebbero la partecipazione di uno Stato dalla vita comunitaria, in termini istituzionali e finanziari, in caso di violazione delle regole sul deficit.
L’asse che si è delineato a Strasburgo vede l’Italia d’accordo, ma ad alcune condizioni. Nei contatti di queste ore fra Palazzo Chigi, l’Eliseo e la Cancelleria di Berlino, Roma direbbe di sì alla proposta ma a patto che si apra una concreta «road map» istituzionale, ben al di là  delle tre proposte della Commissione di Barroso contenute nel Libro verde, sul capitolo degli eurobond. Condizione su cui la Merkel si è mostrata disponibile, dietro le quinte, più di quanto non dicano in queste ore le dichiarazioni ufficiali del governo di Berlino.
Il nostro governo chiede anche che il meccanismo sanzionatorio, dato per automatico (Monti ha usato a Strasburgo l’espressione molto eloquente del «siamo d’accordo nel non guardare in faccia nessuno»), sia però compreso in una cornice quanto più possibile inclusiva, ovvero studiata per coinvolgere al massimo grado il Paese dell’Eurozona che potrebbe essere oggetto delle penalità .
Non è ancora chiaro se le nuove regole, nel caso in cui fossero accettate da tutti i Paesi, comporterebbero anche l’introduzione di una figura di controllo dei conti pubblici europei diversa da quelle esistenti, una sorta di Supercommissario al Bilancio o un altro organismo, di certo per Palazzo Chigi dovrebbe essere previsto anche un meccanismo, e Monti l’ha ripetuto più volte negli ultimi giorni, in grado di allentare i vincoli di bilancio nei periodi di recessione.
In cambio del sì di Italia e Francia al giro di vite che Berlino chiede, anche per ragioni di politica interna e di consenso elettorale, ci sarebbe un allentamento delle pressioni del governo tedesco sulle modalità  operative della Banca centrale europea e una destinazione finale diversa per lo stesso funzionamento del Fondo Efsf europeo, che nei progetti di Eliseo e Palazzo Chigi potrebbe diventare una sorta di Fondo monetario europeo, con funzioni di vera e propria banca degli Stati. Anche su questo punto, al di là  delle discussioni sui rapporti di leverage che nei prossimi giorni potrebbero aumentare le «munizioni» del Fondo, portandole sino alla cifra di 1.000 miliardi di euro, Berlino sarebbe più disponibile di quanto finora ha fatto trapelare.


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