Banche italiane in pressing sull’Eba

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MILANO – Sarà  solo un caso se le banche italiane hanno annunciato che si faranno sentire in Europa proprio nel giorno in cui Mario Monti diventa presidente del Consiglio? Anche se si trattasse di una coincidenza, non c’è dubbio che Giuseppe Mussari, presidente dell’Abi (di fatto la Confindustria degli istituti di credito italiani) non mancherà  di cercare una sponda nel presidente della Bocconi, uno che in Europa è sicuramente ascoltato e non solo per i suoi anni come commissario Ue alla Concorrenza.
Anche perché il compito che l’esecutivo dell’Abi ha assegnato a Mussari (tra l’altro presidente di Mps) non è dei più semplici: cambiare il pacchetto di regole che l’Eba, l’European banking authority, ha varato per mettere in sicurezza le banche europee. Regole che imporrebbero alle principali banche italiane una ricapitalizzazione da 14,7 miliardi (7,3 per Unicredit, 3,1 per Mps, 2,8 per il Banco Popolare e 1,5 per Ubi Banca), contro i soli 8,8 miliardi delle banche francesi e i 5 miliardi degli istituti tedeschi.
Una diversa valutazione che i banchieri contestano da quando l’Eba, tra l’altro guidata dall’italiano Andrea Enria, ha reso noto le sue valutazioni a fine ottobre. Con quale valutazione? A loro dire, sono stati considerati più pericolosi i titoli di Stato in portafoglio alle banche che non i cosiddetti titoli “tossici”, quegli investimenti ad alto rischio nel mercato immobiliare americano che pure sono all’origine della crisi economica internazionale.
In altre parole l’Eba ha stabilito nuove misure di rafforzamento per le banche Europee penalizzando maggiormente le banche italiane, spagnole, greche e portoghesi perché nei loro portafogli ci sono ingenti quantità  di titoli di debito dei rispettivi Paesi. Rispetto alle banche francesi e tedesche, i cui titoli di Stato in questo momento sono meno a rischio (anche se qualche dubbio in più penalizza il debito di Parigi negli ultimi giorni), ma che in portafoglio hanno grandi quantità  di titoli tossici.
Non solo. I banchieri italiani contestano all’autorità  europea di non aver tenuto conto di altri parametri del tutto a vantaggio dei nostri istituti. Per esempio, il rapporto tra attivi e patrimoni (la cosiddetta leva finanziaria) è di 14 in Italia e 18 in Spagna, contro il 30 della Francia e il 35 della Germania. E ancora: il peso dei crediti a famiglie e imprese sul totale degli impieghi è del 64,2 in Italia e 61,4% in Spagna, contro il 31,7% in Germania e il 30,3% in Francia. detto in altri termini, l’Eba avrebbe penalizzato il modello della banca “tradizionale” e premiato la lobby franco-tedesca delle banche finanziariamente più “disinvolte”.
«Il presidente Mussari affronterà  le tematiche delle richieste Eba – ha confermato ieri l’ad del Credito valtellinese Miro Fiordi – per trovare una qualche forma di flessibilità  e si considerino gli impatti che il provvedimenti ha sui mercati. Anche perché le banche non si limiteranno alla mossa obbligata della ricapitalizzazione. A pagare non saranno solo gli azionisti che dovranno aprire il portafoglio per rifinanziare gli istituti di credito, se non vorranno diluirsi. Ci saranno maggiori costi anche a carico di imprese e consumatori. I manager delle banche sono stati già  costretti a ridurre gli impieghi (prestiti e mutui) e ad alzare i tassi dei prestiti. Famiglie e aziende – secondo i calcoli degli analisti – si ritroveranno a pagare anche un punto e mezzo percentuale in più. Un maggior costo per tutto il sistema economico italiano che ora Mussari – magari anche con l’aiuto politico del nuovo governo Monti – dovrà  cercare di evitare.


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