Articolo 18 dritto nel Fornero
ROMA. Affermazioni di «tregua» sulle pensioni, ma un programma più spinto sul lavoro. Il governo Monti potrebbe riuscire a scardinare l’articolo 18, non tanto nella forma hard proposta in extremis dall’ex ministro Sacconi – che avrebbe voluto infilare all’ultimo momento, nella legge di stabilità , i cosiddetti «licenziamenti facili» – ma nella più soft e moderata versione Ichino. Ne sono una prova le parole pronunciate ieri nel discorso programmatico al Senato, e l’attivismo improvviso di Pietro Ichino, che ieri ha avuto un breve colloquio con la nuova ministra del Welfare Elsa Fornero. Confermando successivamente ai giornalisti che il programma è quello.
«Negli scorsi anni – ha detto Monti – la normativa previdenziale è stata oggetto di ripetuti interventi, che hanno reso a regime il sistema pensionistico italiano tra i più sostenibili in Europa e tra i più capaci di assorbire eventuali shock negativi. Già adesso l’età di pensionamento, nel caso di vecchiaia, tenendo conto delle cosiddette finestre, è superiore a quella dei lavoratori tedeschi e francesi, ma il nostro sistema pensionistico rimane caratterizzato da ampie disparità di trattamento tra diverse generazioni e categorie di lavoratori, nonchè da aree ingiustificate di privilegio». Quindi, pare far intravedere Monti, i tagli si potrebbero concentrare sui «privilegi».
Fornero ha aggiunto poi che esclude di «usare l’accetta», e che il governo «incontrerà tutti». Insomma, se l’esecutivo Berlusconi sembrava stesse per cadere proprio sulle pensioni, la squadra Monti pare ricercare il dialogo (magari usando questo punto, insieme al fisco, per uno scambio sul lavoro): ma si dovrà capire se non verranno comunque toccate le pensioni di anzianità .
Un altro capitolo è quello dei licenziamenti: Monti non ha mai fatto mistero di ritenere che l’attuale rigidità in uscita rappresenti un freno per le assunzioni e la mobilità nel mercato del lavoro. Ma non può ovviamente calcare subito la mano su un tema così delicato, ostico per una parte del Pd e per la Cgil.
E comunque le intenzioni sembrano già chiare, e la linea di riforma potrebbe ricalcare il progetto Ichino (che prevede indennizzi al posto del reintegro): «Con il consenso delle parti sociali – ha detto Monti -dovranno essere riformate le istituzioni del mercato del lavoro per allontanarci da un mercato duale dove alcuni sono eccessivamente tutelati e altri privi di tutele e assicurazioni». Il liguaggio in effetti è molto simile a quello di Ichino, che insiste sulla «dualità » del mercato del lavoro per giustificare la necessità di un dimagrimento delle tutele per alcuni (i già garantiti) a favore di maggiori diritti per gli altri (i precari).
«Il mercato del lavoro, dove alcuni sono fin troppo tutelati, mentre altri sono privi di tutele – insiste Monti – deve essere riformato per avere un sistema più equo», ma il nuovo quadro normativo «verrà applicato ai nuovi rapporti di lavoro» non a quelli in essere. L’idea, insomma, sarebbe quella di conservare l’articolo 18 per chi è già assunto (anche per evitare che queste fasce di lavoratori protestino), abolendolo solo per i neoassunti. Più avanti Monti parla anche dei contratti, indicando che dovranno essere potenziati quelli decentrati, «spostando il baricentro verso i luoghi di lavoro».
Per Monti serve una «disciplina coerente» degli ammortizzatori sociali. «È necessario colmare il fossato che si è creato tra le garanzie e i vantaggi offerti dal ricorso ai contratti a termine e quelli a tempo indeterminato, superando i rischi e le incertezze che scoraggiano le imprese a ricorrere a questi ultimi».
Ichino si dice d’accordo con Monti, e dopo un colloquio di 15 minuti con Elsa Fornero nei corridoi del Senato, i giornalisti gli chiedono scherzando: «Avete parlato di licenziamenti? Eravamo preoccupati». «Avete un ruolo essenziale – replica il senatore Pd – dovete far comprendere che le nuove regole riguarderanno le nuove assunzioni, e non chi ha già un posto stabile. Ci sarà più articolo 18 e non meno. Si interverrà solo dove l’articolo 18 non può funzionare o funziona male».
Su questo fronte Monti dovrà scontrarsi con parte del Pd, che resta contrario a modificare l’articolo 18, e con la Cgil. Sia Cesare Damiano, esponente della sinistra «labour» del partito, che il sindacato di Susanna Camusso, su questo punto infatti si dichiarano in disaccordo con il Professore. La Cgil apprezza «l’inversione di tendenza», ma ribadisce che «l’equità fiscale si deve realizzare a partire dall’introduzione di una tassa sul patrimonio». Il sindacato dice no «alla reintroduzione della tassa sulla prima casa» e auspica invece «un più solido ed esplicito criterio di equità ». Poi ricorda «l’impegno assunto da Monti al confronto» e sul lavoro chiede «discontinuità rispetto al governo precedente», definendo «improprio e ingiusto sostenere che ci siano troppe tutele per una parte di lavoratori, mentre è importante l’affermazione sulla necessità di ammortizzatori equi».
Per Damiano «sono state dette parole chiare e competenti sul sistema pensionistico, affermando che è sostenibile. Sul lavoro, il superamento della divisione tra precari e stabili passa attraverso la determinazione di un costo del lavoro più basso per il tempo indeterminato, senza negare alle nuove generazioni le tutele dell’articolo 18. Al contrario, si manterebbe quella divisione che a parole si dice di voler eliminare».
Confindustria, Abi e commercianti si dicono d’accordo con Monti: «Importanti gli impegni sul riequilibrio della pressione fiscale per ridurne il peso su imprese e lavoratori». Raccolto anche l’invito a proseguire sul «decentramento contrattuale e il superamento della dualità nel mercato del lavoro» (leggi articolo 18).
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