Arriva il governo con tutti dentro
Il sì sofferto e condizionato di Berlusconi, la carica dei tecnici, lo strapuntino per il Pd, i vecchi ministri che magari possono restare. Il programma lo comunica la Casa Bianca Il cavaliere prova a tenere unito il Pdl. «Al voto così perdiamo». Il ruolo di Giuliano Amato Mario Monti è a Roma, ieri è salito al Quirinale per un lungo colloquio con Napolitano, oggi debutterà in senato per la finanziaria che già domani diventerà legge dello stato con il voto della camera. Poi Berlusconi si dimetterà , Napolitano aprirà consultazioni lampo al termine delle quali affiderà al professore presidente della Bocconi l’incarico di formare un governo di larghe intese. L’intenzione è quella di abbreviare al massimo anche la fase successiva e formare velocemente il nuovo esecutivo. Monti è nella posizione di non dover contrattare troppo con i partiti che lo sosterranno.
Toto ministri con sorpresa
Sarà un governo snello con poche poltrone per viceministri e sottosegretari, lo impone l’austerity. Ci saranno ministri tecnici soprattutto nelle caselle economiche. I nomi accreditati sono quelli di Fabrizio Saccomanni che un mese fa ha mancato per un soffio la nomina a governatore della Banca d’Italia e che ha un feeling particolare con il gran tutore del nuovo governo, il presidente della Bce Mario Draghi. Più difficile Bini Smaghi che proprio ieri si è dimesso dal board della Bce, dopo un lungo tira e molla, ma per assumere un incarico ad Harvard. Possibile anche la chiamata all’economista Tito Boeri, ma non è impossibile che Monti decida di tenere per sé l’interim economico visto che è soprattutto di questo che dovrà occuparsi il governo. Irrinunciabile la presenza nell’esecutivo di Giuliano Amato, anzi secondo una voce che riferiamo perché circola proprio all’università Bocconi, sarebbe possibile persino una clamorosa sorpresa, e cioè un incarico di Napolitano proprio ad Amato con Monti super ministro economico. Ma è una voce che a Roma raccoglie solo smentite. Amato è generalmente indicato per la carica di vice premier e ministro dell’interno. Quanto ai ministri politici, ce ne saranno del Pdl anche in continuità con il Berlusconi III. Berlusconi vorrebbe tenere Palma alla giustizia come forma di assicurazione, ma è probabile che a via Arenula finisca un tecnico (o una tecnica). Possibile persino una conferma di Gelmini all’istruzione, l’alternativa sarebbe Buttiglione. La ministra uscente ieri figurava tra i berlusconiani meno convinti dell’opportunità di appoggiare l’esecutivo tecnico, l’incarico potrebbe farle cambiare idea. Così come potrebbe tentare La Russa la possibilità di conservare il posto alla difesa: la sua nomina imbarazzerebbe assai gli ex An schierati per il voto anticipato. Altra casella che sta a cuore al cavaliere è quella dello sviluppo economico perché si occupa di televisioni. Il ministro uscente Romani è tra i contrari all’esecutivo Monti, il cavaliere potrebbe mettere in campo allora un altro paio di ex in vena di riconferma, Fitto o Frattini. Anche se Frattini si sta muovendo per restare alla Farnesina, dove però Monti potrebbe ricordarsi della sua ex collega alla commissione europea, Emma Bonino. Pochi i candidati del Pd e tutti pendenti alla destra del partito, dal vicesegretario Enrico Letta che rischia di ritrovarsi al governo con lo zio Gianni all’ex sindaco di Torino Chiamparino che potrebbe occupare le riforme o lo sviluppo economico al senatore Pietro Ichino super favorito per il welfare.
La democrazia nel Pdl
Quanto al programma del nuovo governo bisogna attenersi all’indicazione che è arrivata dalla Casa Bianca: sarà un piano di «riforme aggressive». Dovrebbero esserci la mini patrimoniale sotto forma di reintroduzione dell’Ici, le liberalizzazioni alle quali Monti è particolarmente affezionato, la progressiva abolizione delle pensioni di anzianità e la riforma dei contratti di lavoro. Poco spazio per gli argomenti extra economici anche se un governo che tutti indicano come di media durata, fino al 2013, dovrà fatalmente occuparsi anche della riforma elettorale. A gennaio la Corte costituzionale potrebbe ammettere il referendum che in assenza di elezioni anticipate si dovrebbe tenere in primavera.
Al Quirinale Napolitano ha mostrato a Monti la nota con la quale Berlusconi gli ha fatto gli auguri di «proficuo lavoro nell’interesse del paese». Il Pdl è spaccato in due e il cavaliere ha espresso la sua posizione nel corso di un incontro con i senatori ieri sera. Non è certo entusiasta della prospettiva di appoggiare Monti ma è deciso a farlo, non tanto per «l’interesse del paese» quanto per la certezza di essere penalizzato nel caso di elezioni anticipate. Per cercare di tenere unito un partito che si sta sfaldando a ritmi frenetici, Berlusconi ha richiamato in funzione gli organismi interni: domani la decisione dovrebbe essere ufficializzata dall’ufficio di presidenza ma il cavaliere non esclude la convocazione di un consiglio nazionale. La linea è quella del sì sofferto, non a caso ieri si è bloccata la fuoriuscita dei nuovi responsabili dal Pdl. La fuga dal partito (che in teoria dovrebbe andare a congresso l’anno prossimo) se ci sarà verrà da destra, dagli ex di An.
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