Al Jazeera I quindici anni della tv che ha dato voce agli arabi

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Al Jazeera, l’emittente televisiva in lingua araba e inglese che ha sede nel Qatar, era già  nota prima, ma è la Primavera araba di quest’anno ad averla portata alla vera popolarità . Il ruolo che ha rivestito nella rivolte arabe ha fornito un esempio di potere politico televisivo lanciando una sfida ai network globali come Bbc e Cnn che dichiarano di fare giornalismo imparziale e fornendo un modello ad altri reti, come Russia Today, le cui finalità  sono tanto polemiche quanto giornalistiche.
L’uomo che ha diretto Al Jazeera per buona parte dei 15 anni della sua esistenza, Wadah Khanfar, di recente è intervenuto a Londra definendo la Primavera araba un successo in parte del popolo, in parte di Al Jazeera stessa. Le telecamere di Al Jazeera, ha detto, sono state indispensabili per riconquistare la libertà  e aiutare gli arabi a «far piazza pulita degli stereotipi della rassegnazione. Al Jazeera è dalla parte del popolo». Khanfar non dirigerà  più la rete. Si è dimesso a ottobre affermando di aver coronato il suo proposito di rendere il network una forza mediatica mondiale. Alcuni credono che egli in realtà  fosse troppo vicino agli Usa: un cablogramma diffuso da WikiLeaks dimostra che aveva acconsentito la richiesta della diplomazia statunitense di stemperare alcune notizie. Altri credono invece che abbia infastidito troppo gli Stati Uniti e l’Occidente: a gennaio in un articolo pubblicato sull’Huffington Post l’ex ambasciatore in Marocco Marc Ginsberg aveva scritto: «Il mantra di Al Jazeera è diventato quello di attizzare la rabbia e l’ostilità ». Adesso le relazioni si sono quasi intiepidite. Il segretario di Stato Hillary Clinton, con non poco coraggio, a marzo lodò la rete sostenendo che «si ha l’impressione di avere notizie reali 24 ore su 24 invece di milioni di spot pubblicitari e discussioni tra grandi mezzibusti e quel genere di cose che facciamo nei nostri notiziari».
È però evidente che l’affermazione spesso ribadita da Al Jazeera di essere assolutamente indipendente da ogni centro di potere è discutibile. L’emiro del Qatar è, per essere un regnante arabo, un liberale estremo: ma Al Jazeera è la sua emittente, fondata e finanziata per le sue finalità . L’emiro voleva che il suo paese fosse «conosciuto e notato», obiettivo non facile per un Paese minuscolo che conta solo 225mila abitanti indigeni e un milione e mezzo di lavoratori stranieri. Il riformismo di al Thani è più che superficiale. Al Jazeera ne fa parte. Quantunque l’emiro resti un riformista, la libertà  è soltanto accordata, non è un diritto acquisito.
Pur essendo una minuscola nazione, il Qatar ha nondimeno i suoi interessi nazionali, che costituiscono una sorta di linea rossa che Al Jazeera non può superare. L’emittente era vicina alla Siria, fatto che secondo numerosi osservatori spiegherebbe l’iniziale sospensione della copertura delle rivolte siriane. Dopo alcuni giorni, tuttavia, l’emittente si è schierata dalla parte del popolo. L’esitazione dimostrata nei confronti del Bahrain è stata più palese. Senza alcun dubbio, tuttavia, intorno alle questioni interne è stata tracciata una linea rossa. Ciò non toglie che al Thani sia un autocrate, che non sia previsto il diritto di voto, che i partiti politici siano messi al bando e che ci sia ben poca vita civile, se mai ce n’è. Certo è improbabile che un Paese i cui cittadini si vedono assicurato dallo Stato uno stile di vita molto lussuoso dallo stato, senza neppur lavorare, diventi vivaio di rivolte, ma il milione e mezzo di lavoratori stranieri auspica un po’ di interessamento da parte di un’emittente che afferma di stare «dalla parte del popolo». Per un autocrate – per quanto a tratti come l’emiro – la manifesta gioia di Khanfar per la destituzione di altri autocrati probabilmente doveva essere diventata irritante.
Potrà  andare avanti così? L’editorialista del giornale libanese Daily Star Michael Young fa notare che Al Arabiya, l’emittente televisiva saudita che è il più forte concorrente di Al Jazeera, ha dovuto lasciar cadere le proprie riserve sulle rivolte arabe e seguire le orme della rivale con una copertura serrata degli avvenimenti: «Non poteva non esserci: si doveva far vedere la fine dell’era Mubarak!». Quest’anno Al Jazeera è stata per un certo periodo la stazione televisiva più famosa e più impegnata al mondo. Il suo capo, dimessosi di recente, ha asserito che è stata essa ad aver fatto la Storia insieme al popolo. Ma come la Primavera araba si è raffreddata, così Al Jazeera dovrà  affrontare la vera sfida di tutti i media: trovare il modo di continuare a essere “bollente”.
(Traduzione di Anna Bissanti)


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