100 proposte da cliccare

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 FIRENZE. Fra la seducente immediatezza del virtuale e la faticosa quotidianità  del reale, Matteo Renzi alza il pollice sulla prima opzione. Una scelta di campo. L’unico dove il picconatore del Pd bersaniano può giocare senza le fastidiose interferenze dei rapporti con la città  che dovrebbe amministrare, e del partito di cui dovrebbe sentirsi parte. L’importante è la velocità .

Così c’è ancora il sito di ieri www.leopolda2011.it ma c’è già  anche quello di oggi www.bigbangitalia.it, per leggere le «Cento proposte per l’Italia» da discutere sul cosiddetto Wiki-Pd. I suoi sostenitori assicurano che sono state confezionate in base agli spunti della tre giorni alla Stazione Leopolda. A leggerle, dopo aver sentito decine e decine di interventi, persiste il dubbio che siano in buona parte preconfezionate. Ma che importa? Al partito popolare di massa che Pierluigi Bersani ha propugnato, strappando applausi convinti, al Palacongressi fiorentino nel giorno del quarto compleanno del partito, Renzi contrappone un’altra applicazione di quel sistema binario che tanto gli piace. Quella di facebook.
Nel documento che ogni possessore o affittuario o utilizzatore di computer può leggere in rete, si va dal primo punto e cioè la costituzione di una sola Camera con non più di 500 eletti, all’ultimo sul sequestro rapido e la gestione efficiente dei patrimoni delle aziende. Nel mezzo c’è il ritorno ai collegi uninominali, l’abolizione delle Province e del Cnel, l’unione dei piccoli comuni, l’azzeramento dei contributi alla stampa di partito, due canali Rai finanziati esclusivamente dalla pubblicità  e «il riconoscimento, regolamentato, delle unioni civili». Quanto al welfare c’è la parificazione da subito dell’età  pensionabile per uomini e donne, e l’ormai celebre «modello danese» per gli ammortizzatori sociali. Ancora, per l’economia c’è l’abolizione dell’Irap «tagliando i sussidi alle imprese», e la «liberalizzazione» alias privatizzazione dei servizi pubblici locali. Per non fare torto al rottamatore, ci sono anche l’adozione dello ius soli per i figli degli immigrati, il permesso veloce per i genitori, e la tassazione del 5 per mille sulle transazioni finanziarie per finanziare il no profit. Nei cento punti c’è anche l’amnistia condizionata per i politici corrotti, che per ottenerla «devono confessare, fare i nomi dei complici, restituire il maltolto e impegnarsi ad abbandonare la politica». Infine la cultura: al cavallo di battaglia dell’abolizione del valore legale del titolo di studio si unisce l’impegno a non erogare mai meno dell’1% del Pil alla cultura, per la quale i contributi privati devono essere defiscalizzati. Da aggiungere, se le parole hanno un senso anche dopo una settimana, quelle espresse dal leader dei rottamatori nei giorni scorsi: abolire il finanziamento pubblico ai partiti, ok alla lettera della Bce all’Italia che deve agire di conseguenza; tagliare senza pietà  le assemblee degli eletti dal popolo che sono nulla più che «costi della politica»; «smontare» le pensioni.
Non ci sarà  una Leopolda 3, promette Renzi. Che, dopo avere saggiato nel fine settimana la fedeltà  degli intervenuti, nucleo di quella che appare né più né meno che una corrente del Pd, detta la linea in proiezione esterna. «Pensavamo a una associazione, a un think tank, ma a che serve? Serve invece che da stasera si vada su internet, con le cento proposte per cambiare il nostro paese». Intanto gli organizzatori danno i numeri: sono stati 10.267 i «leopoldini» registrati durante i tre giorni, e 323 i giornalisti accreditati. Oltre 500mila i contatti in streaming dai siti collegati alla kermesse – compresi i contatti collegati a Corriere.it e Repubblica.it – e 15mila cinguettii su Twitter. «L’iniziativa è rimasta per quattro giorni – chiudono quelli dello staff – trending topic della popolare community». Dicono proprio così, «trending topic».
Internet, ma non solo. Anche la televisione serve. Eccome se serve. Appena chiusa la kermesse fiorentina, Renzi è subito ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa, con il conduttore che gli chiede se lo scontro arriverà  alla conta delle primarie. «Bersani garantisce di non temerle e di non essere arroccato – osserva Fazio – ma le regole saranno definite dalla coalizione». Tanto basta al picconatore: «Se è così, anziché democratico dobbiamo chiamare il Pd partito totalitario». Dategli una dichiarazione, anche solo una parola fuori posto, e lui solleverà  il mondo. Contro l’attuale dirigenza del Pd.


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