Una volontaria italiana rapita dai qaedisti nel deserto algerino

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Un altro ostaggio italiano, un’altra donna. Questa volta il rapimento è avvenuto in Algeria occidentale, vicino a Tindouf, in un campo profughi che ospita almeno 100 mila profughi sahrawi, la popolazione dell’ex Sahara Occidentale spagnolo. Nella notte tra sabato e domenica un commando di dieci uomini armati, a bordo di un fuoristrada Toyota venuto dal Mali, è penetrato nel campo di Rabuni, un’oretta di auto da Tindouf. Gli assalitori hanno bloccato le sentinelle, sparando diversi colpi di mitra, e prelevato tre cooperanti: l’italiana, Rossella Urru, del Cisp, e gli spagnoli Aino Fernadez Coin, dell’Associazione degli amici del popolo sahrawi in Estremadura, ed Enric Gonyalons, dell’Ong Munupat. Uno degli ostaggi spagnoli e una guardia sono rimasti feriti. I criminali, inseguiti da camionette sahrawi, sono fuggiti verso il Mali e hanno raggiunto una seconda auto, abbandonata a una settantina di chilometri da Tindouf. Hanno quindi ripreso il loro viaggio nel Sahara, con gli inseguitori alle calcagna. Una delle due auto si deve essere guastata: è stata abbandonata e bruciata. Secondo un comunicato del Fronte Polisario (Fronte popolare per la liberazione di Saguia El Amra e Rio De Oro) gli assalitori sono militanti di Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi).
Rossella Urru, trentenne di Oristano, conosce bene i sahrawi, il loro mondo e i loro problemi. Si è laureata in Conservazione dei Beni culturali a Ravenna dove, prima di entrare al Cisp, ha lavorato su progetti di cooperazione a loro destinati. Da poco più di due anni viveva nel campo di Ribuni, dove si occupava di organizzazione sociale.
Nel 1976, dopo la caduta del franchismo, il Sahara Spagnolo ottiene l’indipendenza ma viene immediatamente occupato dalle truppe marocchine, scese da nord, e da quelle mauritane, salite da sud. Il Fronte Polisario proclama la Rasd (Repubblica Araba Sahrawi democratica, riconosciuta dall’Unione Africana) e comincia la sua lotta per l’indipendenza, aiutato dall’Algeria, nemico storico di Rabat. Nel 1979 la Mauritania raggiunge un accordo di pace con il Polisario e si ritira. Il territorio che occupava viene immediatamente annesso dal Marocco. Il calvario dei profughi continua. Il referendum sull’indipendenza, promesso dall’Onu, non viene mai organizzato.
In quella fascia di Sahara che corre dalla Mauritania fino al Ciad operano i terroristi di Aqmi che il 2 febbraio scorso a Djanet, in Algeria, al confine con il Niger, hanno catturato un’altra italiana, Maria Sandra Mariani, 53 anni, originaria di San Casciano (Firenze). Di lei non si sa più nulla ma, secondo informazioni raccolte dal Corriere, sarebbe tenuta prigioniera a Kidal, in Mali, da un gruppo di uomini fedeli all’emiro Mokhtar Benmokhtar. Il gruppo qaedista opera in due ambiti: politico e criminale. Quest’ultimo riguarda non solo il rapimento di occidentali a scopo di riscatto ma funziona anche come controllore delle rotte della droga, un’attività  che serve a finanziare i gruppi terroristi.
Nel novembre 2009 un Boeing Cargo 737 colombiano proveniente dal Venezuela carico di cocaina è atterrato sulla sabbia a una quindicina di chilometri a nord est di Gao, città  maliana quasi al confine con il Niger. È stato bruciato al suolo perché, come previsto, non avrebbe più potuto ripartire. Lo scorso 25 gennaio a Mema, a circa 70 chilometri da Timbuctù, è atterrato un aereo con equipaggio panamense, senza insegne. Dalla sua stiva sono stati scaricati 250 fusti di cocaina. Questa volta, il jet è ripartito tranquillamente. La droga è stata presa in consegna da uomini barabiche, tribù di origine mauritana, trapiantati in Mali da anni. Il campo profughi di Rabuni è un inferno per i giovani che lì sono nati: non c’è lavoro, non ci sono prospettive. La gente dipende dagli aiuti che arrivano dall’estero, mentre nella vicina Mauritania, in Mali fino al Niger o al Ciad, fioriscono i qaedisti e la loro fiorente industria. Non sarebbe una sorpresa se si scoprisse che Aqmi facesse proseliti anche lì.


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