Un governo unico dell’economia l’ultima sfida dell’asse franco-tedesco

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MA NON danno la benché minima indicazione su quali saranno le piste da seguire. «I problemi europei devono essere risolti prima del vertice del G20», assicura il presidente francese, che sembra più preoccupato di dover subire una nuova tirata d’orecchi da parte di Obama ai primi di novembre, quando i leader dell’economia mondiale si incontreranno a Cannes, che di fornire una rassicurazione credibile ai mercati.

L’ennesimo vertice franco tedesco si conclude così: con promesse tanto importanti quanto vaghe. Ma forse quello dell’indeterminatezza è un prezzo inevitabile da pagare per una coppia che si è arrogata il ruolo di leader dell’Unione europea senza averne né i titoli né, forse, le capacità . In due anni di pilotaggio congiunto della nave europea nella tempesta finanziaria, il bilancio della leadership franco-tedesca è quantomeno modesto. E se è vero che gli errori più gravi, le esitazioni più perniciose, sono da attribuirsi alla Merkel, è anche vero che il presidente francese, autocostrettosi nel ruolo di cavalier servente della Cancelliera, finisce per condividerne le responsabilità . Se i mercati non hanno mai dato credito alle assicurazioni della coppia, ora anche gli altri politici europei cominciano a dare segni di crescente insofferenza. Basti pensare a Tremonti che recentemente ha ricordato «l’infausta passeggiata di Deauville», quando sulla crisi greca Sarkozy cedette ai timori della Merkel e accettò di annacquare il fondo salva-Stati (salvo poi doverlo rinforzare un anno dopo). O a Barroso che una settimana fa ha pubblicamente ricordato alla Cancelliera come «il governo economico dell’Europa esiste già : è la Commissione e non c’è alcun bisogno di crearne un altro». O al Parlamento europeo, che ha costretto Francia e Germania a rimangiarsi molte delle modifiche che avevano apportato alla riforma del Patto di stabilità  voluto dalla Commissione. O ancora alla Banca centrale europea, il cui presidente Trichet, alla vigilia della pensione, non perde occasione per additarei governi nazionali come i veri responsabili della crisi in cui versa l’Europa.

Merkel e Sarkozy sembrano ben consapevoli che i loro duetti sono ascoltati da un pubblico sempre più critico. Al punto che ieri il presidente francese si è sentito in dovere di giustificarsi: «Frau Merkele io dobbiamo prendere decisioni e non fare proposte, nella cornice di una crisi che nessuno ha mai vissuto prima». E dunque questa volta hanno cercato di dare il senso di una identità  di visione senza entrare in dettagli che avrebbero suonato come un diktat al resto dell’Europa. E certo se Francia e Germania avessero davvero provato un punto di compromesso tra le visioni divergenti che hanno in materia di ricapitalizzazione delle banche, di riforma dei Trattati per rafforzare la «governance» e di gestione del «default» greco, ci sarebbe comunque motivo di rallegrarsi.

Ma la stessa debolezza della coppia franco-tedesca può paradossalmente trasformarsi in un elemento di forza. Sia Merkel sia Sarkozy, entrambi seriamente in difficoltà  sul proprio fronte interno, hanno forse capito che il tempo in cui l’Europa era disposta ad accettare la loro leadership sta arrivando al termine.

O al prossimo vertice europeo di metà  ottobre saranno davvero in grado di presentare proposte forti e adeguate alla gravità  dei problemi, e di imporle ai loro 25 colleghi, oppure il loro declino politico si trasferirà , ingigantito, dalla scena domesticaa quella europea. Il pericolo, in questo caso, non sono più le critiche di Obama, ma la sfiducia dell’Europa e la fine dell’asse franco-tedesco. C’è da sperare che almeno la paura faccia spuntare quelle ali che la mancanza di visione aveva loro finora negato.


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