Ue, pressing sull’Italia: pensi alla crescita

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BRUXELLES — È stato un malinteso, dicono ora i governi tedesco e francese: «Le allusioni italiane sul sorriso scambiato ieri in conferenza stampa tra Nicolas Sarkozy e Angela Merkel — spiega un comunicato di Berlino, condiviso da Parigi — sono basate su un equivoco». Ma tant’è, la ferita resta: i due leader hanno sorriso e ammiccato quando i giornalisti hanno chiesto loro se avevano fiducia in Silvio Berlusconi, e nell’Italia, e tutto questo è diventato un incidente politico-diplomatico. Tant’è vero che 12 ore dopo Roma ha risposto per bocca del ministro degli Esteri Franco Frattini: «Non è opportuno» ridicolizzare l’Italia. E se Nicolas Sarkozy l’ha invece fatto, è stato perché probabilmente «aveva in mente la questione Bini Smaghi», perché era «turbato» dalla constatazione che «la poltrona alla Banca centrale europea non fosse libera per un suo connazionale».
«Espressioni ridicolizzanti», così Frattini chiama ora quei sorrisi: «Io ne sono rimasto colpito quanto Casini, forse anche di più». Sarkozy, ripete poi, «avrebbe forse desiderato che Bini Smaghi fosse rimosso d’autorità . Lui sa che questo non è possibile e quindi cercare gesti ed espressioni ridicolizzanti del nostro Paese non è opportuno». Mentre «ho ascoltato la Merkel pronunciare parole cortesi verso l’Italia e il suo primo ministro».
Da Roma partono istantanee anche le repliche dell’opposizione: «Ridere di noi? Frattini come al solito non capisce: Sarkozy non ride degli italiani, ride di Berlusconi», afferma la parlamentare del Pd Pina Picierno. Mentre la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, definisce «inaccettabili» i sorrisi di Merkel e Sarkozy. E Antonio Di Pietro critica anch’egli Sarkozy.
La polemica nazionale arriva però sfocata nella Bruxelles così lontana (e insieme così vicina) di questi giorni, nelle sale dei palazzi Ue dove si prepara il vertice di domani. E dove l’Italia è attesa da richieste a dir poco perentorie sulle sue prossime misure per la crescita economica: così come altri Paesi, del resto. Perché proprio il concetto di crescita — forse più ancora del consolidamento dei bilanci o della riduzione del debito — sta emergendo ormai come la parola d’ordine di questo vertice «allungato». Con l’Italia, la Commissione Europea è tornata alla carica anche ieri mattina. Il messaggio chiaro e tondo è che al vertice di domani non basteranno vaghe dichiarazioni di principio, ma ci vorranno «dati, fatti, cifre, un’agenda completa con un calendario preciso»: non tanto sulle pensioni, che non sarebbero oggi nell’agenda di Bruxelles, ma su «un pacchetto completo di riforme, che comprenda misure su crescita, occupazione e riforma della giustizia». Ci si aspettano anche parole inequivocabili sulle privatizzazioni. L’assedio è tosto ed è sotto gli occhi di tutti, lo stesso Frattini ammette: «Credo che la leadership del presidente del Consiglio in queste ore vada aiutata a essere all’altezza di quello che è l’interesse dell’Italia… Al vertice di mercoledì l’Italia deve poter esprimere una posizione chiara sulle linee guida di un provvedimento per la crescita». Diversamente, «avrebbero ragione coloro che parlano di una solita Italia che arriva sempre tardi e io non voglio questo tipo di umiliazioni».
Ma intanto, dalla stampa francese, rimbalza una voce inquietante: la Ue preparerebbe un intervento del Fondo salva-Stati a favore dell’Italia, e non più solo della Grecia; si parla delle cosiddette «aperture di credito precauzionali», prestiti ipotizzati fra il 2 e il 10% dei Pil nazionali. La Commissione Europea smentisce recisamente. Ma la voce continua a circolare. Così insistente, e così «francofona», da far pensare a una forma mascherata di pressione, esercitata da Oltralpe. Ma qualcosa ha detto anche il presidente uscente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet: «I Paesi indebitati meritano un’opportunità … Ma se continuano a essere inadempienti, allora si deve immaginare un intervento diretto delle istituzioni europee».


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