Trovato il corpo del volontario eroe
BORGHETTO VARA (La Spezia) — Odore di fango e incenso. La prima messa dopo il disastro. Dalla chiesa di San Carlo Borromeo il fiume sembra un cucciolo innocuo. La gente lascia le pale all’ingresso. Sbatte gli stivali prima di entrare. Si incrociano sguardi in una sorta di muto appello. I due seminaristi al fianco di don Tommaso sono arrivati da La Spezia: li ha mandati il vescovo «perché in questi luoghi ora c’è qualcosa da imparare», la scuola del dolore. Il parroco indica il volto di Cristo: «Guardatelo, sofferente e pieno di fango: vi darà sollievo». Teste chine e qualche singhiozzo tra le panche. Si prega e si spala a Borghetto Vara. Improvvisati altari compaiono tra le macerie delle case e agli angoli di quelli che fino a cinque giorni fa erano strade e negozi. Il ritorno alla normalità è una luce fioca su un orizzonte ancora lontano. Da San Pietro arrivano le parole del Papa: «La mia vicinanza e le mie preghiere alle popolazioni della Liguria e della Toscana». Attorno alla scuola si lavora freneticamente per vincere la scommessa di riaprire mercoledì.
E a Brugnato, tre chilometri dopo il ponte, nessuno toglierà ai bambini la festa di Halloween, non c’è alluvione che tenga: trovata la sala in un centro commerciale, genitori e volontari hanno già organizzato tutto.
Ma è solo una virgola in un discorso di dolore. Il sole era ancora basso quando da un battello hanno notato affiorare in mare, tra Levanto e Monterosso, qualcosa che assomigliava a un giubbotto giallo. Sopra c’era una scritta: «Volontari». Dentro, il corpo di uomo che a Borghetto conoscevano tutti, ma che ora sarà ricordato non solo come una delle 9 vittime (4 ancora i dispersi) tra Liguria e Toscana, ma come una persona coraggiosa: un eroe, se il termine di questi tempi non fosse un po’ troppo inflazionato. Sandro Usai, 40 anni, è stato divorato dalla bomba di fango dopo aver messo in salvo due persone. Veniva dalla Sardegna, dal comune di Arbus (che ha proclamato il lutto cittadino), nel ’99 ha fatto capolino a Milano, ad Alassio, trovando poi lavoro e amore a Monterosso. «Aveva nel sangue l’altruismo» dice a bassa voce il sindaco Angelo Betta, mentre la moglie Elena, che l’ha cercato fino all’ultimo, incapace di rassegnarsi, è circondata dai parenti nella casa di via XX Settembre. «Non uscire» lo aveva supplicato quel pomeriggio maledetto. Ma Usai, volontario della Protezione civile e specialista in «porceddu» che cucinava per i compaesani, era già fuori, in quel delirio di fango e acqua: «È stato il primo a portarci con la jeep pale e attrezzi…». Poi è arrivata l’onda, gli altri hanno cercato riparo in un vicolo. Lui no.
Ha visto due ombre, due donne che stavano per essere inghiottite dalle acque. È tornato indietro, le ha afferrate e le ha messo al riparo tra le macerie di un bar. «Era a pochi metri da me — non si dà pace il sindaco — e improvvisamente è sparito…».
Qualcuno dice di averlo visto aggrappato a un cartello stradale, poi più niente. Valeria Delucchi invece è viva e da martedì ha negli occhi l’immagine di una mano possente che la strappa dal fango e le salva la vita. Francesco D’Avanzo era aggrappato ad un balcone quando lei gli è passata sotto, trascinata dall’onda: «Mi ha preso per il cappuccio e mi ha tirata su». Ora Valeria spala. E Francesco piange: la moglie Rita Cozzani non ha avuto la fortuna di trovare una mano. Gira forte il pallottoliere della morte. Un altro cadavere è stato recuperato in mare al largo di Genova. Non rientra però nella lugubre contabilità dell’alluvione. È un uomo scomparso da giorni con il suo gommone.
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