by Sergio Segio | 15 Ottobre 2011 6:36
ROMA — Un nuovo sottosegretario e due viceministri in più che però non piacciono oltre che all’opposizione, che chiede l’intervento del Quirinale, anche ai parlamentari del Pdl. L’ultimo pacchetto di nomine «last minute», infatti, manda su tutte le furie gli scajoliani ma anche il fedelissimo e solitamente pacato Enrico Costa, il relatore del ddl intercettazioni, che parla di «scelta difficilmente difendibile sul piano politico», di «tempistica quantomeno non azzeccata», di «svilimento del lavoro quotidiano di chi non ha mai chiesto nulla in cambio», «di logica dei numeri che ormai prevale sempre sui contenuti».
Da ieri, dunque, il governo Berlusconi è più pesante. Perché subito dopo il voto di fiducia incassato alla Camera, il Consiglio dei ministri ha deliberato — su proposta del premier — lo spostamento del sottosegretario Guido Viceconte dal ministero dell’Istruzione all’Interno (al posto di Francesco Nitto Palma), la nomina di Giuseppe Galati a sottosegretario all’Istruzione, la promozione a viceministro dei sottosegretari Catia Polidori (Sviluppo Economico) e Aurelio Misiti (Infrastrutture).
Sono stati ampiamente accontentanti l’ex deputata del Fli, che si lamentava perché la qualifica di sottosegretario era a suo parere troppo leggera; il potente Misiti — già presidente del consiglio nazionale dei Lavori pubblici nel ’95 — che prima del voto di fiducia aveva sparato a zero sul governo definendolo «morto»; il deputato calabrese Galati, trainato dalla componente di Mario Baccini. Quanto a Viceconte ha dovuto «sacrificarsi» e spostarsi perché al Viminale, tra prefetti e questori, qualcuno avrebbe messo il veto su Galati che è pure il marito della leghista Carolina Lussana. E così Viceconte ha accettato di prendere il posto dell’attuale ministro della Giustizia, Palma, proprio nel giorno in cui la legge di stabilità taglia fondi a polizia, carabinieri e vigili del fuoco.
Il comunicato del Consiglio dei ministri si conclude con la formula di rito: «Il Consiglio ha condiviso l’iniziativa del presidente Berlusconi». In realtà nel partito di Angelino Alfano è già scoppiata la rivolta contro le nomine fatte a ridosso dell’ennesimo voto di fiducia superato per il rotto della cuffia. I rumors che salgono da via dell’Umiltà e dai gruppi parlamentari del Pdl sono un crescendo. Gli scajoliani in particolare parlano di scandalo e fanno circolare una battuta al veleno: «Se diventa viceministro Misiti, che solo poche ore fa definiva il governo un morto che cammina, cosa devono dare a Gava che non ha votato la fiducia? Sicuramente lo devono nominare ministro». Meno sarcastico, invece, il riferimento dei delusi ai prossimi voti segreti previsti per fine ottobre sul ddl intercettazioni.
Ma quella che più colpisce è la presa di posizione di Enrico Costa, capogruppo in commissione Giustizia, che in serata rompe gli indugi: «Credo di rappresentare un forte malumore condiviso con il 99% del gruppo». Con le dovute differenze sembra di ascoltare il segretario del Pd, Bersani, che sulle nomine varate ieri dal governo ha detto: «Sembra il mercato di Porta Portese…».
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