Svizzera, l’ora della destra populista

by Sergio Segio | 23 Ottobre 2011 8:15

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BERNA — La ragazza di colore regala rose ai passanti, attaccato ad ogni fiore un cartoncino con la scritta «Per tutti anziché per pochi. Vota socialista». Alle sue spalle un cartellone illuminato con il campo rosso e la croce bianca della bandiera svizzera calpestata da sagome nere: «Ora basta! Stop all’immigrazione di massa. Gli svizzeri scelgono l’Svp». Sono i due volti del Paese che oggi va alle urne per rinnovare il Parlamento bicamerale, sempre meno «fortezza» nel cuore dell’Europa.
Grande favorito con previsioni di uno storico 30% di consensi, il Partito popolare (Svp nella dizione tedesca, Unione democratica di centro-Udc in francese e italiano) ha puntato tutto sulla paura dello straniero, tanto da lanciare in pieno anno elettorale la raccolta firme per un referendum contro l’immigrazione di massa, stabilendo un nesso strategico tra la campagna per le federali e l’esercizio dei diritti popolari cardine della democrazia diretta. Una formazione di destra populista nata nel 1971 dalla fusione del Partito dei contadini con i Democratici di Glarona e Grigioni, che ha saldato il nucleo conservatore delle origini (difesa dell’identità  nazionale e dei valori della famiglia) con lo spirito meritocratico e anti élite dell’ala più liberale e cittadina, corteggiando la classe media e pescando nel bacino della sinistra. La sua forza sta nell’essenzialità  del messaggio — via l’immigrato che ruba lavoro ai «veri svizzeri» — e in una macchina da guerra pubblicitaria. Erano dell’Svp i manifesti con la pecora nera delle elezioni 2007, il partito volò al 28,9%. Il tasto identitario, in un Paese di 7,5 milioni di abitanti con il 22,9% di stranieri e tutt’altro che piegato dalla crisi (disoccupazione intorno al 3%, bene le esportazioni persino in tempi di super franco), funziona: stavolta quasi tutti i grandi partiti hanno seguito l’Svp sul terreno del patriottismo. La creatura del milionario Christoph Blocher dispone di fondi impensabili per gli altri, si calcola che abbia speso solo in promozione oltre 7 milioni di franchi. Allergico a qualsiasi prospettiva di integrazione Ue, ex ministro espulso nel 2007 per lo stile inconciliabile con la collegialità  della politica bernese, lo svizzero-tedesco Blocher spera in un gran ritorno nel Consiglio nazionale e in quello degli Stati, le Camere che il 14 dicembre nomineranno i 7 membri del Consiglio federale, il governo composto in base alla formula magica della spartizione dei seggi tra i maggiori partiti (l’Svp rivuole il secondo ministero perso dopo la «defenestrazione»). «I populisti coltivano un’idea di sovranità  superata e l’illusione del destino speciale della Svizzera — dice al Corriere il politologo Pascal Sciarini — ma il Paese sta cambiando, non possiamo più rimuovere la coscienza degli interessi che ci legano al resto del mondo e la transizione spaventa».
Meno candidate. Erano il 35,2% nel 2007, sono il 32,7% oggi. Effetto anche del sorpasso del 2010, quando la socialista Sommaruga divenne il quarto ministro su 7 membri del governo: un anno dopo le donne arrivano al voto meno mobilitate. La campagna elettorale ha visto pure un rapimento. La capra Zottel, mascotte portafortuna dell’Svp, era sparita lo scorso weekend per mano del gruppo di estrema sinistra Antifaschistische Aktion. È stata ritrovata pochi giorni dopo. In tempo per il voto.

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