Sudafrica vietato per il Dalai Lama L’ira del vescovo Tutu

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Tutu ha sfogato ieri tutta la sua delusione e la sua rabbia per la deriva del «Paese arcobaleno», per mano dello stesso Anc, il partito fondato da Nelson Mandela che si era battuto per farlo nascere. L’arcivescovo (in pensione) ha parlato in una conferenza stampa a Città  del Capo, convocata in fretta e furia dopo aver saputo del «regalo» confezionato dalle autorità  per i suoi 80 anni: il mancato rilascio del visto d’ingresso all’invitato principe ai suoi festeggiamenti, il Dalai Lama, «mio amico e fratello spirituale», come lo ha definito più volte. Poche ore prima, era stato il leader spirituale tibetano, atteso nel Paese da giovedì su invito dal Centro per la pace Desmond Tutu, ad annunciare l’annullamento del viaggio, dopo cinque settimane di vana attesa: «Poiché il governo sudafricano sembra trovare sconveniente consegnare il visto a Sua Santità , il Dalai Lama ha deciso di annullare la sua visita» recita il comunicato sul suo sito.

Pretoria tenta di chiamarsi fuori: «È stato lui ad annullare il viaggio, è una sua decisione e noi ne abbiamo preso nota, del resto ha presentato l’originale del passaporto soltanto il 20 settembre», ha farfugliato un portavoce del ministero degli Esteri sudafricano. Pretoria ha negato di aver ricevuto pressioni da Pechino, impegnata a dissuadere gli Stati dall’ospitare il leader «separatista». Ma è evidente che il Sudafrica ha chiuso la porta al Dalai Lama per non urtare la suscettibilità  della Cina, suo maggior partner commerciale. Come del resto aveva già  fatto due anni fa, quando l’allora neo-presidente Jacob Zuma gli aveva rifiutato apertamente il visto. Da allora la Cina ha «ricompensato» il governo sudafricano con generosi investimenti, che hanno consentito al Paese di entrare — quest’anno — a far parte del club dei Paesi emergenti, i Brics.

«Che lo ammettano o no, il governo è determinato a non fare nulla che possa far arrabbiare la Cina» ha tuonato Tutu. «Signor Zuma, lei e il suo governo rappresentate i vostri interessi» ha gridato. «Vi avverto — ha poi ammonito sempre rivolgendosi al leader dell’Anc, il partito al potere ininterrottamente dal 1994 — come avevo avvertito i nazionalisti (al potere durante l’apartheid, ndr): un giorno pregheremo per la caduta di un governo che non ci rappresenta più», ha inveito l’arcivescovo, aggiungendo che l’Anc non deve credersi al sicuro solo perché ha una larghissima maggioranza nel Paese. Anche «Mubarak ce l’aveva. E pure Gheddafi. State in guardia» ha minacciato Tutu.

Che l’aria potrebbe cambiare lo testimoniava la folla riunitasi ieri davanti al Parlamento di Pretoria per denunciare uno Stato che avrebbe abdicato alla sua sovranità . Atto dimostrativo che non basterà  a far partecipare il leader tibetano alle celebrazioni, al fianco di altre personalità  come l’ex presidente americano Jimmy Carter e l’ex segretario Onu Kofi Annan. Almeno non di persona: perché, come confermano al Corriere dall’entourage di Tutu, la sorpresa nella sorpresa potrebbe essere un Dalai Lama in videoconferenza che dialoga in pubblico con l’arcivescovo. I due anziani Nobel lontani ma vicini.


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