Stallo sul decreto Sviluppo salta il Consiglio dei ministri Ue irritata: “Misure urgenti”
ROMA – E’ “stallo” sul decreto sviluppo: l’ipotesi che il consiglio dei ministri di oggi potesse vararlo, dopo le riunioni fiume di ieri, sembra sfumata mentre l’Ue, preoccupata, insiste: «L’Italia deve definire con urgenza il piano per la crescita», ha fatto sapere il commissario Olli Rehn. Clima instabile e scontro tra maggioranza e opposizione anche sul “caso” della bocciatura del Rendimento generale dello Stato. Ieri il Senato ha approvato la nuova versione del documento consuntivo del 2010 che apre la strada all’assestamento di bilancio 2011 e alla Finanziaria 2012, ma la vicenda avviene tra le polemiche. Ora il Rendiconto passa alla Camera dove dovrà pronunciarsi il presidente Fini.
«Si è trattato di una furbata del governo, per vendere alla Camera come nuovo un provvedimento già bocciato: perché il testo del Rendiconto riproposto è «identico», come è scritto in un documento del ministero dell’Economia e come ha detto la Corte dei Conti. La novità del Rendiconto approvato è indimostrabile: il Senato ha approvato un testo che aveva già approvato», ha tuonato Luigi Zanda, vicepresidente del gruppo Pd al Senato che auspica, ora che il testo passa alla Camera, un nuovo esame da parte della Giunta per il regolamento per verificare se il Rendiconto, già bocciato, possa essere nuovamente esaminato dall’assemblea di Montecitorio prima che siano passati i sei mesi previsti.
Mentre la legge di Stabilità (ex Finanziaria) arriva al Palazzo Madama, continua il braccio di ferro tra il ministro dell’Economia Tremonti, schierato sul “costo zero” e gli altri ministri. I ripetuti “nyet” del Tesoro ieri hanno provocato una serie di bordate dal fronte anti-tremontista: in prima linea Guido Crosetto secondo il quale il ministro dell’Economia “è l’unico italiano che non vuole il decreto sviluppo”. E lo stesso Fini ha detto ieri che il “governo non ha fatto nulla per lo sviluppo e la crescita”. Sempre all’attacco la Confindustria: «Servono grandi riforme, per il momento non le vediamo», ha detto la Marcegaglia.
Il dibattito intorno alle misure comunque non si arresta. Trova conferme l’ipotesi, sulla quale si lavora al Tesoro, di una sorta di contributo sui redditi più alti con l’aumento dal 43 al 43,5 per cento dell’aliquota dello scaglione sopra i 75 mila euro. Secondo una simulazione della Cgia di Mestre, un contribuente con un reddito da 80 mila euro si troverebbe un aggravio fiscale annuo di 25 euro. Per coloro che invece dichiarano un reddito da 100 mila euro, l’Irpef aggiuntiva sarebbe pari a 125 euro. Chiaramente, man mano che sale il reddito, aumenterebbe anche il carico dell’imposta da versare all’erario. Per un reddito da 150 mila euro, l’incremento di imposta sarebbe di 375 euro l’anno, per un reddito da 300 mila, invece, l’aumento della tassazione si attesterebbe sui 1.125 euro.
Non si ferma neanche l’idea del concordato di massa, sponsorizzato dalla coppia Crosetto-Leo, che raccoglierebbe 5 miliardi con una raffica di accertamenti e di lettere di adesione sul modello “prendere o lasciare”.
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