SARKOZY-MERKEL E L’ALTERNATIVA «INDIGNATA»

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Ma la sua protesta è risultata assolutamente irrilevante, dati gli attuali rapporti di forza. Quello che stupisce in questa nuova geopolitica europea è l’assenza di una presa di coscienza da parte dei paesi indebitati dell’area euro: nessuno di loro si salverà  da solo dalla mannaia dei diktat della troika (Bce, Fmi, Commissione Ue). In particolare, i paesi del sud Europa hanno guardato al disastro sociale della Grecia con l’atteggiamento di chi pensa solo «speriamo che domani non tocchi a me».
Il fatto che la troika abbia affrontato la questione del debito pubblico «caso per caso» la dice lunga sul modo in cui intende gestire la crisi finanziaria. Abbiamo un precedente storico interessante che riguarda l’indebitamento dei paesi del Terzo Mondo, in particolare dell’America Latina. Si tratta del piano Baker (1985) che inaugurò il metodo del «caso per caso» nella negoziazione del debito esterno dei paesi del sud del mondo. Un metodo poi ripreso nell’incontro del G8 a Napoli nel 1994 che riguardò la cancellazione parziale del debito esterno dei paesi più poveri del mondo. È evidente che non si tratta di una questione tecnica, ma politica, di gestione politica del debito.
Anche l’asse Sarkozy-Merkel si muove in questa direzione, non trovando ostacoli in questo divide et impera che è una delle poche leggi della storia umana che vale in ogni tempo. Quello che è incredibile è l’inedia, l’impotenza e l’inettitudine delle classi politiche dei paesi europei più indebitati e a rischio default: Irlanda, Belgio, Portogallo, Spagna, Italia e Grecia. Che siano governi di destra o di sinistra poco importa, nessuno ha preso l’iniziativa di convocare una riunione per creare un fronte comune di negoziazione del debito. Questi governi accettano in silenzio come bravi scolaretti che la troika decida di salvare le banche, con un fiume di denaro che serve alla loro ricapitalizzazione, e di procedere al “duro lavoro” della macelleria sociale che cancella decenni di conquiste sociali. Immaginate se la troika si trovasse di fronte questi sei paesi che all’unisono richiedono un concordato preventivo per evitare il default, che travolgerebbe proprio l’asse Sarkozy-Merkel, cioè Francia e Germania che non potrebbero reggere l’urto del fallimento contemporaneo di questi sei paesi. Insomma, per fare un esempio, questi paesi dovrebbero comportarsi come il San Raffaele, l’importante struttura milanese che ha chiesto il concordato preventivo con un offerta di pagamento del 60 per cento del debito accumulato. È la forza di chi è indebitato quando non è isolato: offrire una quota di pagamento del debito o minacciare il fallimento che lascerebbe a tutti i creditori un pugno di mosche. Il San Raffaele ha alle spalle il Vaticano, i sei paesi europei solo agendo insieme possono rappresentare una forza temibile,e chiedere la rinegoziazione del debito con un suo parziale abbattimento (in media del 50%).
Ci domandiamo: che fanno i sindacati e la sinistra europea, esistono ancora? Perché nessun partito della sinistra radicale ha pensato di indire una riunione per mettere a punto una strategia di rinegoziazione del debito, convocando economisti non mainstream, intellettuali, artisti e, soprattutto, i rappresentanti dei movimenti che si oppongono a questa deriva sociale e politica? Vedremo se la grande manifestazione del 15 ottobre, gli indignados d’Europa, sapranno scuotere dal torpore le forze dell’opposizione sindacale e politica e far seguire alla grande protesta una proposta strategica che faccia pagare il debito agli speculatori e salvi la società  europea e la sua storia. Se questo non avverrà  il rischio è che il grande movimento degli indignados faccia cadere gli attuali governi per poi trovarci al potere la destra, come è probabile che avvenga in Spagna, in Grecia, negli Usa, e come è già  avvenuto in Egitto dove Mubarak è stato sostituito da un potere non meno corrotto e violento come quello dei militari.


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