Sanatoria fiscale o patrimoniale soft è caccia alle risorse per lo sviluppo

by Sergio Segio | 10 Ottobre 2011 15:04

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Con una non trascurabile terza opinione (caldeggiata finora da Giulio Tremonti) : quella di chi sostiene che si possano benissimo varare provvedimenti per la crescita a costo zero, avviando subito misure di buon senso quali una liberalizzazione del mercato del lavoro con l’agevolazione della transizione fra scuola e lavoro nonché un recupero del contratto a tempo indeterminato, e convogliando correttamente i 5 miliardi del fondo Ispe per gli interventi strutturali. Il condono è moralmente inaccettabile, ma anche la patrimoniale, secondo questa linea, aggraverebbe una manovra già  paurosamente sbilanciata sulle tasse: gli economisti della voce.info calcolano che si arriverà  nel 2012 all’86% dell’aggiustamento se gli enti locali, come è verosimile, reagiranno con imposte ai tagli loro riservati.

Ma le forze politiche continuano a dividersi sui criteri per procurarsi risorse aggiuntive. La tentazione, o forse la necessità , di mettere mano al patrimonioè condivisa da politici eterogenei come il sindaco di Verona Flavio Tosi e il segretario del Pd, Pierluigi Bersani. Ma quanto si può ricavare? La Banca d’Italia ha calcolato nel 2009 in mille miliardi (pari al 68% del Pil) la ricchezza liquida (titoli di Stato, obbligazioni, azioni, fondi d’investimento), più 650 miliardi di depositi bancarie 500 miliardi di partecipazioni in società  non quotate. E siamo già  sopra i 2000, che arrivano a 3mila e anche più secondo gli economisti del Cer se consideriamo le altre attività  finanziarie in circolazione. Anche in un’ipotesi minima dello 0,5%, lo Stato incasserebbe 15 miliardi secchi l’anno solo da questa voce. Se viceversa si scegliesse l’opzione una-tantum, mettiamo del 10%, la cifra andrebbe moltiplicata per 20.

Per quanto riguarda il bene degli italiani per eccellenza, la casa, siamo ad almeno 6mila miliardi di valore. Una volta aggiornate le rendite catastali, realisticamente si potrebbe arrivare a metà  di quella cifra. Ripristinando l’Ici vecchio stile, variabile fra il 4 e il 7 per mille con una media del 5,2, ecco recuperati 15 miliardi annui che i Comuni vedranno come luce dei loro occhi. Nel 2010 (cifre Istat) l’Ici esistente ha reso 9 miliardi: sarebbe possibile un incremento di gettito di 6 miliardi. L’economista Pellegrino Capaldo suggerisce di concentrare sulla casa tutta l’operazione, con un prelievo fra il 5 e il 20% in un colpo solo. «In effetti commenta Giuseppe Pisauro, ordinario di Scienza delle Finanze alla Sapienza – è complicato fissare il valore delle altre ricchezze, quelle finanziarie. Tanto per cominciare l’imposta va estesa alle società  per evitare un travaso massiccio di titoli verso Srl di comodo. E non dimentichiamoci di studiare un sistema di esenzioni perché non si possono taglieggiare i meno abbienti». Altrettante difficoltà  presenta il condono, a parte lo stigma morale.

Tremonti non si stanca di ripetere che i marchingegni predisposti per la lotta all’evasione garantiranno un gettito molto maggiore di qualsiasi condono, vista la sinergia fra Agenzia delle Entrate e banche. Finora per accedere ai conti, l’Agenzia doveva esibire l’avviso di accertamento. Ora può effettuare controlli senza autorizzazione né obbligo di notifica. Può leggere i conti correnti e i depositi titoli, tutte le operazioni comprese quelle che non transitano per il conto (il cambio di un assegno), i bonifici in entrata e in uscita (inclusa l’opzione di curiosare nei conti dell’interlocutore), una per una le operazioni con la carta di credito e quelle in contanti. Può chiedere alla banca elaborazioni come l’analisi territoriale della distribuzione dei rapporti finanziari, le operazioni con l’estero, la composizione del portafoglio titoli, il tutto anche per i conti già  chiusi. Insomma, se c’è la volontà  politica di lottare contro l’evasione, questa può essere la volta buona.

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