San Raffaele, si indaga anche per bancarotta
MILANO – L’ipotesi è di bancarotta. Dopo la richiesta di fallimento depositata nei giorni scorsi al Tribunale di Milano, la procura ha aggiunto un reato a quelli per i quali stava già lavorando sul San Raffaele, l’ospedale fondato da Don Luigi Verzè.
All’inizio dell’estate, era già finito nel registro degli indagati Mario Valsecchi, il responsabile dell’area amministrativa e finanziaria per falso in bilancio e false scritture contabili. Ora rischiano la stessa sorte per i reati fallimentari e per l’ostacolo alle autorità di vigilanza tutti i membri del vecchio consiglio di amministrazione. Primo fra tutti don Luigi Verzè che, pur senza deleghe, ne era stato il presidente e il vero deus ex machina. Queste erano state accuratamente concentrate nelle mani del suo braccio destro Mario Cal, morto suicida a metà dello scorso luglio. Lui era il vicepresidente e da tutti riconosciuto come l’uomo dei conti. Le altre poltrone erano occupate da Roberto Cusin, da Laura Ziller, da Gianna Zoppei, da Ennio Doris e da Carlo Salvatori. Tutti fedelissimi di Don Verzè, ad eccezione dei due banchieri. Doris e Salvatori, proprio per evitare guai giudiziari, con l’arrivo della procura avevano da subito preso le distanze dal fondatore, curandosi di farlo sapere a tutti.
La scomparsa di Cal ha lasciato un vuoto nella ricostruzione della contabilità occulta del San Raffaele che i pm Laura Pedio e Luigi Orsi hanno cercato di ricostruire attraverso perquisizioni e interrogatori tra i quali quelli dello stesso Valsecchi e di altri responsabili della struttura. Molta documentazione è stata ritrovata in casa di Mario Cal e trasferita in una apposita stanza a disposizione degli inquirenti. Sui documenti sta lavorando il Nucleo di polizia tributaria di Milano. Alcune gole profonde avrebbero poi parlato di operazioni ai limiti della legalità attraverso le quali il San Raffaele riusciva ad assicurarsi l’appoggio dei politici locali. Consulenze ai limiti della legalità delle quali avrebbero beneficiato personaggi come Piero Daccò, un mediatore d’affari che ruota da tempo intorno a Comunione e Liberazione, movimento di ispirazione cattolica che in Lombardia catalizza una quantità incredibile di voti e posti di potere, grazie anche all’appoggio che da sempre fornisce al presidente della Regione, Roberto Formigoni. Sarebbe stato Daccò a gestire una delle operazioni più discusse della Fondazione di Don Verzè, la ricerca e l’acquisto di un nuovo aeroplano. Un lavoro remunerato con una consulenza di oltre un milione di euro, pagata a una società neozelandese. Sempre a Daccò fu affidata un’altra consulenza, attraverso l’austriaca Harmann Holding, una società sconosciuta cui è stato affidato un delicatissimo incarico dal San Raffaele: gestire i contenziosi legali esteri, in Paesi come la Polonia, il Mozambico o in regioni come la Palestina. Un lavoro remunerato per mezzo milione di euro.
Fin qui la vecchia gestione, ma non è detto che qualche grattacapo possa arrivare anche al nuovo consiglio di amministrazione, voluto sempre da Don Verzè e sostenuto dall’appoggio finanziario del Vaticano. Qualora infatti i pm riscontrino un aggravio ulteriore del dissesto, la procura potrebbe procedere anche contro gli attuali amministratori.
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