Salvataggi Ue e riforme, la Merkel chiama il Colle

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ROMA — Ma l’Italia saprà  rispettare il proprio impegno sul contenimento del debito pubblico? Riuscirà  ad attivare con urgenza le leggi approvate negli ultimi mesi? E le misure per la crescita? E le annunciate, e ancora misteriose, riforme sugli altri nodi di debolezza strutturale dell’economia? Saranno fatte? C’è la capacità  politica di concretizzare gli interventi necessari?
Sarebbero queste le domande che – da quanto trapela – Angela Merkel avrebbe rivolto a Giorgio Napolitano l’altro ieri, durante una lunga telefonata per esprimergli la preoccupazione della Germania sull’inerzia e sui ritardi con cui il nostro Paese affronta la crisi. Un’impasse che rischia di riverberarsi in modo pericoloso sulla tenuta della moneta unica e sulle stesse scelte di politica economica dell’Europa. Nella mezz’ora di conversazione (cui si è aggiunta una chiamata, presumibilmente di analogo tenore, del presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker), la Cancelliera tedesca avrebbe insomma evocato i dubbi sull’Italia che circolano tra Berlino e Bruxelles. Dubbi che hanno a che fare con la nostra credibilità  e serietà .
Il presidente della Repubblica – a quanto si sa – ha cercato di illustrare lo stato delle cose. Anche se non è mai facile far capire a uno straniero certe regole e certe dinamiche, magari esposte a distorsioni, della nostra democrazia in questa stagione particolare. Piuttosto complicato, ad esempio, è già  spiegare la differenza tra un decreto legge e un disegno di legge.
Napolitano avrebbe ricostruito il percorso, tortuoso ma alla fine giunto a un approdo sicuro, dei provvedimenti da 58 miliardi votati dal Parlamento, e sottolineato l’importanza della cifra, coerente con quel «try something big» sul quale insiste Barack Obama quando chiede interventi all’Europa. E spiegato poi quanto sia comunque apprezzabile, in una fase di lacerazioni politiche, l’impegno a raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013. Sul fronte della crescita, che la Merkel indica come cruciale per la sostenibilità  del debito italiano, il presidente avrebbe riconosciuto che resta un fronte critico, e non a caso lui incalza di continuo l’esecutivo e le opposizioni a una «forte coesione su alcuni obiettivi comuni». Ma le perplessità  e le diffidenze della Germania verso ciò che accade in casa nostra sembra si proiettino anche sul futuro prossimo. Che accadrebbe, gli avrebbe domandato la Cancelliera, se dovesse cadere il governo, come è parso possibile negli ultimi mesi? Quali sono le alternative? E qui il capo dello Stato, che per temperamento e cultura istituzionale non azzarda scenari o profezie, si sarebbe limitato a ricordare ciò che prevede la Costituzione, con prerogative e limiti fissati per il suo ruolo.
Una sorta di memorandum che ha forse dissipato un po’ di diffidenza e offerto qualche provvisoria rassicurazione ad Angela Merkel. Anche perché Napolitano lo ha chiuso rimarcando la scelta, per quanto sia giunta dopo un iter lungo e tormentato, sulla successione al vertice di Bankitalia. Ne è personalmente soddisfatto. Di questo ha parlato pure con il ministro Tremonti, che gli ha telefonato ieri per dichiararsi «contento» della soluzione Visco, dissipando così le residue voci di suoi presunti malumori. Colloqui informali, contatti, sondaggi. Come si vede è molto attivo il presidente, in queste ore. L’ultimo confronto l’ha avuto ieri con il ministro Romani, salito al Quirinale per illustrargli le sue idee per i provvedimenti sullo sviluppo che il governo dovrebbe adottare. A lui il presidente ha ripetuto le proprie istanze sulle aree di crisi raccolte nei recenti incontri con sindacati e lavoratori, da Napoli a Genova a Pisa.


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