Ruby e il bunga bunga per il Cavaliere si apre il “processo perfetto”
MILANO – È l’ora: si alza il sipario su quello che, dietro le quinte, parlando con i suoi colleghi, l’avvocato Niccolò Ghedini, aveva definito sarcasticamente «Il processo perfetto». Perfetto – questo il timore – per stringere in una tenaglia l’imputato-premier e la sua immagine.
Per capire la situazione, immaginiamo due binari. Al piano terra, nella grande aula, domani c’è il binario riservato a un unico imputato, lui: Silvio Berlusconi, settantacinquenne. È al centro della complessa inchiesta nata intorno a Karima El Mahroug, detta da se medesima Ruby Rubacuori. Immigrata marocchina, scappata di casa, arrivata ad Arcore, nel sotterraneo del bunga bunga, tra colleghe nude e danzanti, ad appena diciassette anni. Qui, in questo processo, siamo alle ultime schermaglie procedurali. Stiamo cioè entrando nel vivo delle due accuse.
La prima è concussione: Berlusconi, come si sa, ha telefonato personalmente in questura per ottenere indebitamente, nel maggio 2010, il rilascio di Ruby, già così ciarliera da vantarsi con i poliziotti increduli della sua altolocata amicizia. Berlusconi telefona per affannarsi a coprire, sostiene l’accusa, un altro suo reato. Aver pagato la minorenne: banconote da 500 euro in cambio di sesso. Il reato si consuma anche se la minore non viene toccata, ma soltanto «inserita» in un contesto di scene sessuali. E il bunga bunga che altro è? Spaventato, da Parigi Berlusconi «deve» chiamare i poliziotti e «vincerli» affinché Ruby sia affidata al «consigliere ministeriale» (carica inesistente) Nicole Minetti.
C’erano i tempi tecnici per chiedere il processo immediato, i pubblici ministeri l’hanno ottenuto: perciò Berlusconi (domani assente) si ritrova sul solitario binario del processo pubblico già avviato, nell’aula al piano terra. Ma sempre domani, sei piani più su e a porte ancora chiuse, davanti al giudice delle udienze preliminari, eccoci – attenzione – sul secondo binario. È una coincidenza di date che offre su un piatto d’argento la perfetta chiave di lettura giudiziaria.
Davanti al gup viene esaminata la posizione penale del triumvirato di Arcore, composto da Lele Mora, bancarottiere ora ricoverato in ospedale, dopo tre mesi di carcere e un collasso, titolare di un’agenzia di spettacolo; Emilio Fede, direttore del Tg 4, amico o forse ex amico di Berlusconi»; Nicole Minetti, consigliere regionale pdl, e, a suo dire, cubista ed ex fidanzata di Berlusconi. I tre sono accusati di sfruttamento e favoreggiamento delle prostituzione anche minorile. Di portare, cioè, «carne nuova» (espressione citata in un’intercettazione) al «drago» (epiteto dell’ex moglie Veronica Lario) appostato nella Villa Casati Stampa.
Gran parte delle prove d’accusa sono le stesse per entrambi i processi. Ma le indagini sul secondo binario procedono più «sciolte». C’entrano con la gestione degli appartamenti di via Olgettina, con le «papi-girl», con gli inviti e i «trasporti» alle feste, con il giro dei soldi. Se il gup darà l’okay, anche questo processo si terrà pubblicamente, e comincerà entro l’anno. Non è difficile comprendere perché questo doppio binario, fortemente voluto dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini, stia mettendo apprensione nel mondo politico di centrodestra. Perché non c’è riparo.
L’unica strada rimasta alla difesa Berlusconi per bloccare il processo Ruby-Berlusconi non è giudiziaria, è politica. È stato infatti sollevato, grazie alla maggioranza parlamentare, il conflitto di attribuzioni davanti alla corte costituzionale. Berlusconi – sostiene la difesa – ha telefonato alla questura nelle funzioni di presidente del consiglio e non di «cliente» impaurito. Il 7 febbraio del 2012 la Suprema Corte si riunirà per decidere se impedire ai giudici di Milano di eventualmente assolvere o punire Berlusconi. O se il caso deve passare al Tribunale dei ministri.
Ma – questo è il punto cruciale del «processo perfetto» – qualsiasi cosa potrà accadere al processo Ruby-Berlusconi, che gli avvocati tenteranno di ritardare in attesa della Corte, andrà nel frattempo avanti il processo Ruby-Fede (più Mora e Minetti). E siccome i testimoni sono in gran parte gli stessi, siccome il sostituto Antonio Sangermano dovrà affiancare Boccassini melò processo al premier e Pietro Forno nel processo agli altri tre, non può essere impedito quello che Berlusconi teme più di qualsiasi altra cosa: la sfilata delle ragazze davanti ai giornalisti di mezzo mondo, in un’aula dove anche i suoi sostenitori potranno ascoltare gli interrogatori e le ricostruzioni dei fatti. Dove le accuse di concussione e sesso con minori a pagamento possono trovare nuovi riscontri «in diretta». Dove il nervosismo dei Mora, Fede e Minetti, senza leader accanto, può crescere e deflagrare.
Basta citare tre casi di testimoni per comprendere il senso della paura berlusconiana: Flavio Briatore, Imane Fadil, Ambra e Chiara.
Briatore era ed è un teste a difesa. Uno che, lo scorso autunno, davanti all’avvocato Ghedini, sosteneva quanto fossero «eleganti» le cene di Arcore. Bene, intercettato in primavera, mentre parla con Daniela Santanché, racconta di un Lele Mora che è in imbarazzo, perché deve continuare a portare donne nonostante l’inchiesta. Si lamenta, Briatore, per il premier «malato». Aggiunge quanto avesse «ragione Veronica». In più, spiega all’amica sottosegretario come Emilio Fede abbia «strozzato» Mora, arraffando una ricca percentuale dei soldi ottenuti dal premier. E Mora, in carcere, ha confermato. L’eleganza non sembra molto di casa, ad Arcore.
Non basta. Da qualche settimane è scoppiata l’inattesa «bomba» Imane Fadil, modella marocchina, 26 anni. à‰ stata invitata più volte a casa del premier, ha molti ricordi. È lei che racconta di Minetti vestita da suora e di Katarina Knezevic, la giovane fidanzata montenegrina del premier, coetanea di Ruby Rubacuori, che ha una sorella maggiore, che tiene in scacco il premier. Katarina, rintracciata da Repubblica, ha confermato quel «fidanzamento», ha avvalorato la versione di Imane, che ha presentato una pesantissima e circostanziata querela contro Emilio Fede. Dalla tribuna del Tg 4 le ha dato della bugiarda, ne ha sollecitato l’arresto. «Vedremo chi è il bugiardo», s’infervora Imane, che domani arriva in aula. Perché vuole costituirsi parte civile: «Parlerò solo attraverso atti giudiziari».
E così siamo a quota tre parti civili. L’hanno già fatto due ex concorrenti a miss Italia, che speravano di diventare «meteorine»: Ambra Battilana e Chiara Danese, anche loro in aula domani. Avevano da poco diciott’anni quando si ritrovarono in un baccanale, tra ragazze semisvestite che cantano «meno male che Silvio c’è» e una porno-statua che passa a tavola. Queste tre ragazze, più altre tre testimoni d’accusa, più le intercettazioni costate meno di 30mila euro in tutto, più vari riscontri, possono mettere Berlusconi sotto luci inevitabili. Possono costringere di fatto altre testimoni a chiedersi se vale la pena di rischiare incriminazioni per «salvare» il premier in difficoltà . La velocità delle indagini impedirà la possibilità della prescrizione. Sta in questo, appunto, il sarcasmo del «processo perfetto». Cioè: è senza scampo, se i reati saranno provati, e la Procura ne è certa.
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