by Sergio Segio | 28 Ottobre 2011 7:40
ROMA – Non sono ancora sulla stessa onda, ma ci stanno lavorando. La lettera che il governo ha inviato a Bruxelles mette i sindacati di fronte alla necessità di capire se ci sua l’intenzione o meno di lasciarsi alle spalle le divisioni del passato e fare fronte comune. Il primo passo è fatto: se il governo metterà in atto quanto promesso sulla facoltà di licenziare e se applicherà i tagli al pubblico impiego, la risposta dei lavoratori non potrà essere che uno sciopero generale. E’ così che la pensano sia la Cgil che la Cisl e la Uil. Ora si tratta di capire se le tre sigle fermeranno il Paese assieme o se andranno avanti in ordine sparso.
I movimenti di riavvicinamento in realtà sono già iniziati: ieri oltre alle dichiarazioni di fuoco che Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti hanno reso separatamente, i tre leader hanno trovato il modo di telefonarsi a vicenda e di concordare un appuntamento per i prossimi giorni. E’ lì che si deciderà se la mobilitazione dovrà essere unitaria o se si «marcerà divisi per colpire uniti» come ha detto lo stesso Bonanni.
Le reazioni delle tre sigle al testo spedito alla Ue, pur se nella diversità dei toni, sono state compatte nei contenuti: giù le mani dagli statali e no ai licenziamenti per motivi economici. Misura che invece il governo ha rivendicato come patente per lo sviluppo: «Noi vogliamo soltanto creare un mercato del lavoro più efficiente, più moderno e soprattutto aperto alle donne e ai giovani. Questo era e resta il nostro impegno», ha detto il premier Berlusconi. Confindustria approva e gradisce: «La lettera del governo è un passo verso la giusta direzione, gli impegni sono chiari», ha commentato la presidente Emma Marcegaglia, «sul lavoro serve maggiore flessibilità ».
Per la Cgil invece «le misure sono da incubo, si reagirà con la forza necessaria». «L’unico licenziamento facile che vogliamo è quello del governo», ha ribadito la Camusso che già mercoledì sera aveva fatto appello ad una mobilitazione unitaria. Netto anche il dissenso di Cisl, Uil e Ugl verso norme che minacciano la «coesione sociale». E’ una inversione di marcia rispetto al dialogo finora tenuto aperto con il governo. La possibilità di uno sciopero generale è stata lanciata da Angeletti (che già oggi, con gli statali, è in piazza a Roma), ma una manciata di ore dopo è stata ripresa e rafforzata da un documento comune firmato, oltre che dalla Uil, anche dalla Cisl e dalla Ugl. «L’intenzione del governo di introdurre una nuova normativa sui licenziamenti è una inaccettabile provocazione». Qualora «s’intendesse intervenire sulle materie del lavoro senza il consenso delle parti sociali, Cisl, Uil e Ugl saranno costrette a ricorrere a scioperi».
Insieme alla Cgil o da soli? E’ chiaro che le spaccature del passato pesano: in attesa di un atto comune oggi, sempre a Roma, la Uil protesta per gli statali e la Cgil, in un’altra piazza, per i pensionati. E’ tempo di cercare la mobilitazione unitaria, dice la Camusso. «Uno sciopero con la Cgil è possibile», le fa eco Angeletti. «Se ci sarà la stessa opinione sul fisco, sui costi della politica e delle amministrazioni, sullo sviluppo e sulle relazioni industriali è chiaro che agiremo uniti. Altrimenti marceremo divisi e colpiremo uniti, come nel caso dei licenziamenti», commenta Bonanni. Il ministro del Lavoro Sacconi è convinto che la ricomposizione sindacale sia lontana e che, davanti ad un tavolo sul tema, le parti sociali non reggano alla prova d’unità : «Non ci credo – ha detto – ci sono posizioni diverse».
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