Rating più bassi per 12 banche europee

by Sergio Segio | 8 Ottobre 2011 6:28

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NEW YORK – Nel ruolo di grandi castigatori della finanza globale, che affrontano ora con un rigore insolito, quasi per far dimenticare i loro vecchi peccati, le agenzie di rating hanno colpito ieri duramente il sistema bancario europeo. Una raffica di declassamenti si è infatti abbattuta su 12 istituti: nove portoghesi, due colossi bancari britannici – Lloyds e Rbs (Royal bank of Scotland) – e il gruppo franco-belga Dexia, per il quale si profila una imminente nazionalizzazione.
Già  da giovedì le contrattazioni dei titoli Dexia erano state sospese dopo un crollo del 17 per cento delle quotazioni. E ieri, mentre l’agenzia Fitch attribuiva un outlook negativo alla banca, per via della sua esposizione al debito greco, il primo ministro ad interim del Belgio, Yves Leterme, ha proseguito i negoziati per il salvataggio. Che si presenta problematico: Leterme preme per una “soluzione belga”, cioè per nazionalizzare l’istituto, ma le tre comunità  del paese, quella fiamminga, quella vallone e quella di Bruxelles, vi si oppongono in nome delle autonomie regionali.
Moody’s ha giustificato la decisione di abbassare il rating delle banche di Lisbona ricordando da un lato l’alta percentuale dei loro asset in titoli del tesoro portoghese, che già  a luglio erano stati declassati, dall’altro il deterioramento della situazione economica con proiezioni di crescita rivedute al ribasso anche per effetto delle misure di austerità . Standard & Poor’s ha invece ridotto di due livelli il rating della Rbs e di uno quello del Lloyd per via del minore sostegno al sistema bancario da parte del governo conservatore di David Cameron rispetto a quello laburista di Gordon Brown. Il cancelliere dello scacchiere George Osborne ha subito reagito al declassamento sottolineando i programmi di riforma del settore bancario e soprattutto la maggiore capitalizzazione degli istituti britannici rispetto a quelli dell’eurozona: «Non abbiamo sfide paragonabili alle loro», ha detto. E, quasi a conferma delle sue parole, la agenzia Reuters ha fornito alcuni dati sugli aumenti di capitale realizzati negli ultimi tre anni dai sistemi bancari dei maggiori paesi europei. Se gli istituti britannici hanno portato a buon fine aumenti per 120 miliardi di dollari, quelle tedesche si sono limitate a 40 miliardi, quelle italiane a 29 e quelle francesi addirittura a 22. Del resto, proprio la precaria salute delle banche sarà  al centro del summit di domani tra il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy. Il direttore generale della Banca d’Italia, Fabrizio Saccomanni, in pole position per diventare il prossimo governatore, ha comunque ribadito anche ieri che «le banche italiane hanno un grado di solidità  e capitalizzazione assolutamente adeguato in relazione agli standard europei». Anche per molti istituti americani la situazione continua a essere difficile. Già  si parla di una vittima illustre: la Goldman Sachs di Lloyd Blankfein, considerata la più ricca, la più aggressiva e la più arrogante delle banche di Wall Street. Il gruppo potrebbe chiudere il trimestre in rosso – gli analisti della Barclays parlano di 180 milioni di dollari – ed essere costretta a ridurre a fine anno i compensi astronomici dei suoi dipendenti. Per altre banche non sarebbe nulla di grave, ma la Goldman verrebbe colpita nel suo orgoglio e rischierebbe di veder passare alla concorrenza molti dei suoi executives.

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