Rating, Borsa, titoli di Stato così Madrid ha superato Roma

by Sergio Segio | 6 Ottobre 2011 7:29

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MILANO – Italia contro Spagna. La crisi dei debiti sovrani, all’improvviso, ha riportato d’attualità  una delle sfide più classiche dei mercati europei: il Derby del Mediterraneo. La partita è iniziata, sotto tutt’altri auspici, quattro anni fa. Quando un euforico Josè Luis Rodriguez Zapatero, forte di un pil che saliva del 4% l’anno, aveva lanciato la sfida: «Siamo diventati più ricchi di Roma». Oggi è cambiato tutto. Lo sboom del mattone ha sgonfiato l’orgoglio e la crescita iberici. Zapatero è dimissionario. E il braccio di ferro per la leadership nel Club Med si è trasformato all’improvviso in un match decisivo per evitare la retrocessione nella serie B dell’euro assieme ad Atene. Con il fattore politico, purtroppo per noi, che rischia di fare da ago della bilancia.
L’esito dell’incontro, dati alla mano, è in teoria molto incerto. L’Italia, anzi, ha sulla carta più jolly da giocare di Madrid. La nostra economia è più grande (del 50%). Il rapporto tra deficit di bilancio e pil tricolore – uno degli indicatori più importanti per gli esigenti notai di Bruxelles – è fermo a un confortante 4% contro il 6,1% iberico. E a far da contraltare alla montagna del debito pubblico del Belpaese (il 112% del prodotto interno contro il 67% spagnolo) c’è la ricchezza privata accumulata dalle famiglie: le “formiche” italiane hanno un esposizione pari solo, si fa per dire, al 46% del pil mentre in Spagna i mutui a carico dei privati – quasi tutti contratti per comprare la casa negli anni del boom – sono arrivati alla stratosferica cifra di 638 miliardi di euro, più dell’intera esposizione dello Stato.
Roma stravince anche il derby del lavoro. La crisi ha picchiato duro su entrambe le sponde del Mediterraneo. Ma nella penisola – grazie a un’economia decisamente più diversificata – il tasso di disoccupazione viaggia ancora all’8% mentre Madrid, dopo lo scoppio della bolla del mattone, ha conquistato la maglia nera tra i Paesi dell’Ocse con una percentuale arrivata al 20% e con punte del 44% tra gli under 30.
Tutto bene per noi, insomma? Mica tanto. La partita Italia-Spagna, infatti, si gioca sui mercati e non nelle aule accademiche. E su questo fronte sia i numeri che gli arbitri (le agenzie di rating) dicono la stessa cosa: il Paese di Zapatero è messo molto meglio di Roma. La Borsa iberica ha perso da inizio anno il 15% mentre Piazza Affari viaggia a quota – 22%. I tassi sui Btp tricolori a 10 anni (gli interessi che paghiamo per finanziare il nostro debito) sono saliti al 5,52% mentre i Bonos iberici sono fermi al 5,04%.
I mercati finanziari, naturalmente, non sono il vangelo. Ma anche le agenzie di rating la pensano allo stesso modo. La bocciatura del debito tricolore annunciata martedì da Moody’s mette l’Italia ben tre gradini sotto il livello di affidabilità  della Spagna. Una forbice uguale, guarda caso, a quella certificata dalle valutazioni di Standard & Poor’s. Il motivo? Moritz Kraemer, il guru di S&P incaricato di redigere la pagella per entrambe le Nazioni, è stato esplicito: «La risposta della classe politica italiana alla crisi è stata indecisa e incerta – ha detto pochi giorni fa nel corso di una teleconferenza con investitori istituzionali – In Spagna è successo l’opposto». Quando l’effetto-domino della tempesta greca ha fatto salire i tassi sui Bonos, «la reazione di Madrid è stata pronta – ha proseguito – e in due settimane si è raggiunto un consenso trasversale tra maggioranza e opposizione per inserire il pareggio di bilancio nella Costituzione». Morale: due giorni dopo che Zapatero ha annunciato le dimissioni in vista delle elezioni a novembre, lo spread dei titoli spagnoli contro i bund, invece che schizzare al rialzo, è sceso a sorpresa sotto quello di Roma. Il Derby del Mediterraneo, per fortuna, è lontano dal novantesimo minuto. Ma con l’handicap di Palazzo Grazioli – parola di S&P – la partita per l’Italia è tutta in salita.

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