Quel che accomuna Grecia e Cile

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Eppure c’è qualcosa che accomuna la Grecia e il Cile in questi mesi e in questi giorni. E non solo il concomitante sciopero generale. Il dato comune è la crisi che attanaglia entrambi. Se l’economia è globale, anche la crisi è globale, al di là  delle specificità  locali.
In Cile, da sei mesi, gli studenti sono in lotta e in strada per chiedere un cambio radicale del sistema educativo, classista-pinochettista che, come tutto il resto delle fondamenta imposte da Pinochet, 21 anni dopo la sua uscita di scena (e dopo 20 anni di asfittici governi di centro-sinistra), in sostanza reggono ancora il paese, lo Stato, l’economia, la società . Ora gli studenti, prima i liceali poi gli universitari, hanno dato uno choc a un paese anchilosato e impaurito da ogni scalfittura dell’ «ordine» costituito e della «legalità » classista.
In Cile l’istruzione è di alto livello. Quella privata e carissima. La Universidad Catà³lica e la Universidad de Chile sono considerate di caratura internazionale. Ma carissime ed esclusive. In Cile solo il 45% degli studenti delle secondarie va alle scuole pubbliche. Pessime, povere, senza soldi, con salari da fame per gli insegnanti. La maggior parte di licei e università  è privata e ha fra gli obiettivi istituzionale quello di «fare profitti». Nel ricco e «moderno» Cile, vige l’ «apartheid educativa». Gli studenti la rifiutano e vogliono un’istruzione «pubblica, gratuita e di qualità », per tutti. Troppo per l’iper-miliardario e destrorso presidente Pià±era, che offre qualche «riforma» miserabile e 4 miserabili miliardi di dollari supplementari per l’educazione. Ma rifiuta categoricamente che lo Stato si faccia carico dell’istruzione pubblica e gratuita. La sua risposta è stata quella di mandare al Congresso una nuova legge contro chi occupa scuole e atenei (da 1 a 3 anni) e riesumare la vecchia «Legge di sicurezza dello Stato», una sorta di Legge Reale in salsa cilena (da 3 a 15 anni), per colpire i manifestanti che disturbano «l’ordine pubblico».
Ma gli studenti non si fermeranno più. Le loro richieste in questi 6 mesi si sono ampliate. La fine dell’ordine pinochettista che ancora attanaglia il paese, la fine di quelle diseguaglianze di cui il Cile vanta il record quasi-mondiale, la fine della privatizzazione della società  (a cominciare dalle pensioni).
Fino all’impossibile che invece improvvisamente appare possibile e necessario: un’assemblea costituente che cancelli l’obbrobriosa costituzione imposta da Pinochet nel 1980 e che, salvo qualche maquillage, è ancora lì. L’aspetto più entusasmante della scossa data dagli studenti cileni è che sembrano aver svegliato l’intero corpo sociale: il sindacato – la Cut – li appoggia e li segue, la classe media scende in strada per i cacerolazos e, mentre il rating di Pià±era cade ai minimi storici (è al 20%), l’80% della popolazione è con loro.


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