QUANDO LONDRA FU DEVASTATA

by Sergio Segio | 20 Ottobre 2011 6:26

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Le strade di Londra sono tornate a essere sicure. I telegiornali e i quotidiani non parlano più di giovani incappucciati che spaccano le vetrine per razziare televisori, scarpe da ginnastica o articoli per il trucco oppure, peggio ancora, derubano quanti sono rimasti bloccati dai tumulti estivi, o ancora danno fuoco agli edifici che hanno saccheggiato. Invece di reati, oggi si parla di sentenze. Due giovani che utilizzarono Facebook per istigare altri a saccheggiare e appiccare le fiamme alcuni giorni fa hanno presentato ricorso in appello contro una condanna a quattro anni di reclusione. In altri tempi la sentenza sarebbe stata più breve, ma lo shock di quei giorni e soprattutto il desiderio di qualificarli senza esitazione come giorni di azioni esecrabili che meritano una pena dura restano molto forti.
Adesso, come a Roma, Atene e New York, le strade di Londra tornano a riempirsi di gente che sfila e protesta. Nella capitale britannica la gente si è data appuntamento fuori dalla cattedrale di St. Paul alle porte della City, il quartiere della finanza sorvegliato dalla polizia perché le manifestazioni fuori dalla Borsa o dalla Banca d’Inghilterra sono state proibite. Il diacono di St. Paul ha comunicato di essere contento di quella folla lì riunita e ha detto che avrebbe preparato un sermone sul male dell’avidità . Queste dimostrazioni non hanno niente in comune con la violenza degli eventi di Atene e Roma. Anzi, sono quel genere di cose che gli inglesi amano pensare di saper fare meglio di chiunque altro, come esprimere le proprie opinioni in pubblico, razionalmente, pacificamente, con umorismo. Sono un modo per prendere le distanze da un’Inghilterra diversa, quella nella quale le gang scorrazzano per strada, si ammazzano civili, e una donna per mettersi in salvo si deve lanciare dalla finestra della casa in fiamme. Anche questa era l’Inghilterra.
Qualcosa tuttavia unisce le dimostrazioni di oggi con i tumulti di ieri ed è il fatto che sembra che non ci siano obiettivi ideologici da perseguire. Queste dimostrazioni mettono in luce la disperazione di una classe sociale inferiore che vorrebbe mettere le mani su beni che non si può permettere. Ma anche la mancanza di una direzione precisa di una protesta che non riesce a immaginare – o non si è data la briga di approfondire – come possa configurarsi una società  diversa. Mentre le manifestazioni si susseguono, la sinistra resta all’opposizione ovunque in Europa. Nessun personaggio di spicco della sinistra è apparso all’orizzonte in Germania, in Francia, in Italia, in Spagna e nel Regno Unito. Nessuno pare in grado di attirare l’entusiasmo di popoli preoccupati per il loro futuro e sempre più angosciati da quello che i governi della sinistra farebbero rispetto a quello che i governi della destra stanno facendo.
Viviamo in un’epoca che fa davvero paura. Senza un principio catalizzatore e organizzatore, senza leader che abbiano una visione alternativa, le proteste e la paura sembrano prospettare altre violenze. Questa recessione travolge la classe operaia e la piccola-media borghesia nello stesso modo, mettendo a rischio standard di vita un tempo sicuri, accelerando la delocalizzazione dei posti di lavoro e delle industrie fuori dai ricchi paesi europei e verso le economie emergenti e in forte espansione, come Cina, Brasile e India. Soltanto i ricchi, quelli molto ricchi e che continuano ad arricchirsi, sono al sicuro. Talvolta sembra quasi che si stia dissolvendo la solidità  delle democrazie nate dal dopoguerra. Potremo dirci fortunati se il livello di violenza delle manifestazioni riuscirà  a essere contenuto al livello attuale.
(Traduzione di Anna Bissanti)

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