“Quel garage dove nacque la nostra Mela”

by Sergio Segio | 7 Ottobre 2011 6:59

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«SONO un po’ spaventato – dice al telefono Steve Wozniak – mi sento stordito. Non riesco a pensare, a fare niente. Mi capitò così quando morì John Lennon, o John F Kennedy e forse Martin Luther King. Ti senti un grande vuoto dentro».
«È molto difficile ripercorrere con la mente il passato, ripensare a tutto… Riflettere su quel che provi, su ciò che significa».
Signor Wozniak, secondo lei cosa motivava Steve Jobs?
«La sua è stata una vita ammirevole. Credo che Steve Jobs avesse speranze e visioni per il futuro, e che avesse organizzato la Apple Computer in modo che questa potesse portare avanti i suoi sogni. Spero che la Apple riesca a trovare dei grandi leader, come lui».
Steve Jobs ha cambiato per sempre il modo in cui pensiamo alla tecnologia, e interagiamo con essa. Era un instancabile innovatore. Qual era il suo segreto?
«Molti giovani, quando raggiungono il successo negli affari, acquistano un certo potere. Molti, però, si limitano ad adattarsi alla situazione, a limitarsi allo status quo. Steve, invece, no: ha sempre continuato a sviluppare nuovi progetti, a tenersi avanti a tutti gli altri, a essere un numero uno. Aveva una capacità  straordinaria di pensiero, e la metteva in pratica; così ha reso felici molte persone. Quante volte capita che i prodotti di una ditta ti rendano felice ogni volta che li usi? Quando ero ragazzo capitava forse con la televisione, e nient’altro».
Ci racconta degli inizi? Quando vi siete incontrati, lavoravate entrambi alla Hewlett-Packard, è così?
«Non è proprio così. Steve ci aveva trascorso un’estate, come stagista. Io invece ci lavoravo, progettavo calcolatrici. Però, ora mi è difficile ripensare a quei momenti così importanti: ai concerti a cui andammo insieme, alle volte che rimanemmo svegli tutta la notte, quando parlavamo di un progetto o di ciò che avremmo potuto realizzare».
All’inizio lavoravate in un garage. È stato lì che avete costruito il primo personal computer. Vi rendevate conto di quel che stavate per compiere?
«È vero: per un anno lavorammo nel garage, che è un po’ come lavorare da casa, infatti non avevamo soldi. Questo ha reso Steve molto popolare agli occhi della gente. Tante persone, infatti, vogliono credere che i sogni, qualche buona idea e la voglia di trasformare il mondo possano bastare, tanto più se uno è giovanissimo e viene praticamente dal nulla. Ma lo stesso si può dire anche dei fondatori di molte altre compagnie, come Facebook e Google».
Avevate un’idea del futuro che vi aspettava?
«Quel che facevamo allora ci sembrava incredibilmente importante, ma non potevamo prevedere che l’attività  avrebbe raggiunto le dimensioni di oggi, che sarebbe diventata una parte tanto importante della vita di tutti. Il computer, come tutti i prodotti che sono venuti dopo, sono strumenti che facilitano la comunicazione tra le persone.
«E no, non avremmo mai immaginato che un giorno saremmo riusciti a fare tutto in maniera diversa, che sarebbe bastato sedersi di fronte a una tastiera, o a un iPad, o a un iPhone, per gestire la propria vita professionale. Non indovinavamo nemmeno che sarebbe stato possibile salvare una canzone nella memoria di un computer. La prima scintilla nasceva semplicemente dal desiderio di trasformare la tecnologia di oggi nella tecnologia del domani. Ecco, ci comportavamo così. Steve non mollava mai. Incalzava gli ingegneri, chiedeva “si può fare questo?”, “si può fare quello?”. Li spingeva a superare le loro capacità . Alla fine, quelli si arrendevano, gli dicevano di sì, si può fare. E così l’impossibile diveniva realtà ».
Lei conosceva le doti di Steve Jobs come uomo d’affari?
«Nessuno fra chi conobbe Steve agli inizi lo avrebbe immaginato. E adesso tutti si chiedono: sarà  possibile sostituire un personaggio come Steve? Lascerà  forse un vuoto che non è colmabile? La sensazione che si prova è simile a quella prodotta dalla morte di John Lennon. Ci si sente persi, ci si domanda: e adesso cosa facciamo? Dove troveremo un altro come lui?»
Per qualche tempo Jobs aveva studiato calligrafia. Infatti ha creato prodotti di una bellezza straordinaria. Per lui, quanta importanza aveva questo aspetto?
«Be’, il Macintosh rappresentò una novità  assoluta: per la prima volta, ciascuna lettera, anziché essere composta da una sagoma predeterminata formata da qualche punto, poteva essere creata come un dipinto, e intendo dire letteralmente dipinta. Ogni singola lettera di ogni singola parola era una piccola pittura. Perciò, sì, gli studi di calligrafia avevano avuto su di lui un’influenza positiva. Lo stesso si può dire di quando eravamo due giovani in un garage, e dovevamo preparare la nostra prima pubblicità  per Apple I e Apple I. Steve si concentrò sull’idea delle font, sullo stile grafico che accomuna un insieme di caratteri tipografici. E tutto, persino questo, lui voleva trasformarlo in qualcosa che sarebbe andato a beneficio degli altri. È, in breve, lo spirito che ha animato la Apple da allora e fino a oggi».
(© Cnn – traduzione di Marzia Porta)

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