“Premier poco lucido, si arrabbia ma certe cose non si possono fare”

by Sergio Segio | 25 Ottobre 2011 7:29

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ROMA – «Ci so’ cose che si possono fa’, altre che non si possono fa’». Perfino Mauro Masi si arrende di fronte alle richieste “estreme” di Berlusconi. Il direttore generale della Rai dice spaventato a Lavitola: «Questi so’ reati, io abbasso il telefono, non le voglio nemmeno senti’ ‘ste cose». 21 ottobre 2009, lunga telefonata tra Lavitola e “Maurino”. Che “riscontra” quella del giorno prima tra lo stesso premier e Lavitola, agli atti dell’inchiesta Spadaccini a Pescara, scoperta da Repubblica e pubblicata il 17 ottobre. Lì c’è Berlusconi che dice «portiamo in piazza milioni di persone, facciamo fuori il palazzo di giustizia, assediamo Repubblica, non c’è alternativa». Lo sfogo diventa però progetto ossessivo se ripetuto a ogni interlocutore, come il caso di Masi dimostra. Il direttore della Rai ne parla esterrefatto con Lavitola dicendo del premier che «non sta lucido». Lavitola ipotizza che lui possa lasciare la rai per fare in ministro in alternativa a Tremonti.
CHIEDE COSE IMPOSSIBILI
(21 ottobre)
È una lunga conversazione quella tra Masi e Lavitola. I due esprimono grande preoccupazione per la condizione psicologica di Berlusconi. E soprattutto Masi mostra insofferenza per le sue richieste, che egli stesso non può assolvere. Tante che afferma: «Ma io lo so che vuole, però insomma sai… cioè ci sono delle cose che si possono fa’, altre non si possono fa, Walter».
Masi «Walter, Mauro».
Lavitola «Un momento solo (dice a un altro interlocutore al telefono, ndr.), sto parlando col mio capo, ti richiamo Enzo».
M. «Adesso vediamo quello che posso fare…».
L. «Non dire quello che puoi fare, tu puoi fare tutto».
M. «E vabbè…».
L. «Allora vuoi sapere una cosa, il tuo amico F. F. l’altro giorno mi ha detto testuali parole: “Io se acchiappo il tuo amico Masi gli meno… perché se n’è andato e ci ha lasciato nella merda, finché ci stava lui, per quanto poteva avere un carattere del cazzo, per quanto qua, per quanto là , qua funzionava tutto, adesso non funziona più un cazzo…».
M. «Lo so, perché il nostro amico, mio e tuo, è completamente… sto periodo è…».
L. «Mauro, io difatti ti dico la verità , io è da settimane che ti vorrei parlare, io ho parlato con lui cinquanta volte di queste cose, te ne vorrei parlare… insomma non ci riesco».
M. «Ma io c’ho parlato, ci parlo tutti i giorni, non sta lucido, non sta lucido».
L. «Me lo dici a me, ieri mi ha detto che lui voleva assaltare il palazzo di giustizia… testuali parole.. al telefono eh!».
M. «E pure a me, sono reati, infatti io abbasso il telefono, non le voglio nemmeno senti’ queste cose…».
L. «Ho capito, però voglio dirti, secondo me non faremmo male a vederci ogni tanto».
M. «Sì, ma tu sei tornato da tre giorni eh, ora dammi pure la colpa del fatto che sei stato quindici giorni in Brasile, ma sarai curioso».
L. «E vabbè, ma saranno due mesi che non ci vediamo o forse pure tre.. che ne so… mo’, al di là  di questo, io scherzo adesso, tu fatti il consiglio, però ti voglio dire delle cose di lui pure rispetto alla Rai, ti vorrei informare perché quello magari mi dice delle cose pensando che io poi te le dico».
M. «Ma io lo so che vuole, però insomma sai… cioè ci sono delle cose che si possono fa’, altre non si possono fa, Walter».
L. «Di fatti è proprio questo il problema».
M. «Non lo capisce, si incazza, ma in qualche modo io devo pure vivere».
L. «Io non lo so chi te lo fa fare a stare là … io non lo riesco a capire».
M. «Beh a questo punto…».
L. «A sto punto, secondo me, tu qualunque cazzo gli chiedi quello te lo fa, adesso si fa sto rimpasto di governo alle Regionali, ci lavoriamo, lasci quel merdaio dove ti sei ficcato e vai a fare il ministro».
M. «Ma tu dici che me lo fa fare?».
L. «Ma come non te lo fa fare, anzi secondo me visto che Tremonti salta, se facciamo una bella operazione, te lo fa fare sì. Se tu eri rimasto a Palazzo Chigi, oggi Tremonti non c’era più è per questo che sono un po’ incazzato».
M. «Per questo?».
L. «Sono incazzato per questo, sono incazzato pure con te perché se tu eri rimasto a palazzo Chigi a quest’ora non c’era più il problema di Tremonti col governo, c’era uno che sapeva leggere e scrivere e fare il ministro dell’Economia con un rapporto privilegiato col presidente, con una conoscenza della realtà  italiana anche dal punto di vista dall’esterno del salotto dorato, si rafforzava il governo e si dava una mano al Paese, tu sei andato a giocare alla Rai a fare l’impiegato e buonanotte… e vabbé io sono avvelenato, guarda, mi devi credere…».
GIGI VA E VIENE DAL NORD
(18 novembre)
Ancora al telefono Lavitola e Masi. Il rapporto tra i due è continuo. Lavitola s’informa con molta circospezione, anche abbassando la voce, se tal Gigi «va spesso a Milano». Masi gli risponde di sì, ma Lavitola a questo punto cerca in tutti i modi di chiudere la conversazione, come se si trattasse di una questione che non è opportuno trattare per telefono, ma soltanto a voce. Il sospetto è che i due stiano parlando di Luigi Bisignani, detto Gigi, l’uomo della tessera P2, ma anche della P3, la nuova loggia decapitata dall’intervento dei magistrati di Napoli. Proprio a Napoli, il 20 giugno, in un verbale di 48 pagine, Bisignani ha dichiarato di «aver parlato con Berlusconi una sola volta». Questa telefonata dimostrerebbe il contrario.
Lavitola «Maurino?».
Masi «Eccomi».
L. «Allora dicevamo, anzitutto vediamo come sei messo per vederci».
M. «Mo’ vediamo, magari nel pomeriggio ci vediamo».
L. «Senti, ma ti risulta che Gigi va e viene dal nord, lì, tutti i weekend va a casa del capo?».
M. «Spesso ci va, sì, ci è andato molto spesso in ‘sto periodo».
L. «Vabbe’, ci sentiamo dopo va».
M. «C’è andato molto spesso ‘sto periodo sì».
L. «Allora poi ci vediamo va».
M. «Ciao».
L. «Ciao».

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