“Gli ultimi 10 anni una triste époque serve un nuovo progetto per i cattolici a Todi le basi per un confronto”
CITTà€ DEL VATICANO – «Ci interrogheremo sul futuro dell’Italia, non sul fare un partito o no. C’è da fare un investimento sul tessuto della società , un investimento culturale. In questa fase sono importanti le idee».
Rifugge dal ruolo di “deus ex machina” dell’iniziativa. «Macchè “deus”. Intanto, manca la “machina”», risponde con spirito sottraendosi alla domanda. Ma il professor Andrea Riccardi, storico cattolico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, è l’uomo su cui stanno convogliando molte delle attenzioni riguardanti il Forum delle associazioni cattoliche. Lunedì, a Todi, il convegno potrebbe fare da grembo alla nascita di un nuovo soggetto politico.
Siamo alla vigilia di una riunione che potrebbe segnare un momento importante per la politica italiana. Ma non ci sono forse troppe attese?
«È vero, si è caricato questo convegno di tante attese. Non perché non sia importante, ma perché c’è una grande domanda fra la gente e nel Paese. Domanda di idee, di prospettive e di visioni. Si tratterà però di un momento significativo, come approdo al lavoro svolto dagli attori del Forum, in particolare da Raffaele Bonanni. C’è poi il lavoro quotidiano di tanti movimenti ecclesiali accanto alla gente. Se Todi si è caricato di attesa probabilmente è perché c’è bisogno di luoghi di speranza».
Sotto il profilo concreto di che cosa si discuterà ?
«Insisto sull’aspetto delle idee. Idee con i piedi per terra, maturate nella realtà , nel mondo del lavoro, nel radicamento sociale, in una Chiesa ben inserita nel tessuto del Paese e che “vede” la crisi».
Però non c’è il rischio di trovarsi in conflitto con un’altra iniziativa che punta alla nascita di un nuovo soggetto politico, quella in embrione di Luca di Montezemolo?
«Montezemolo ha avuto il merito di porre il problema del dopo. Si tratta di cose diverse. Nel processo che porta al convegno di Todi, e che andrà oltre, c’è un pensare prossimo alla politica, ma distinto. Più che la matrice di un partito, c’è un grembo di idee, di visioni e di speranze. Un percorso che nel variegato tessuto cattolico è in atto da tempo. È un’amicizia pensante fra cattolici, ma dialogante con i laici. Un’amicizia responsabile».
Non sono formule vacue?
«Queste non sono parole, né un fumo che nasconde qualcosa. La nostra società ha bisogno di pensieri lunghi e di sguardi in avanti. Perchè la nostra politica si è impoverita di cultura, con un dibattito urlato che interessa la gente sempre meno».
Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, terrà la prolusione dei lavori. C’è chi ha scritto che questo sarà il suo partito. Non ci metterà il cappello sopra?
«Guardiamo alla prolusione di Bagnasco ai vescovi: è il suo messaggio all’Italia. Lui ha partecipato a vari convegni di riflessione. La sua presenza a Todi non mi meraviglia. Non so cosa dirà , ma non credo che su questa iniziativa voglia mettere il cappello nè la corona. Fra i suoi messaggi è rimasto ignorato quello che sottolinea la responsabilità dei laici cattolici nella vita politica. Un passaggio da guardare con attenzione. Bagnasco non prenderà la testa delle legioni cattoliche verso la politica. Piuttosto, darà un contributo autorevole a un dialogo polifonico».
Dunque prima il progetto e poi la ricerca di un leader?
«Sì, condivido l’impostazione. Penso che in Italia si conoscano poco tante personalità in grado di emergere. E in un momento in cui siamo tutti dominati dalla fretta trovo estremamente positivo il fatto di prenderci il tempo per un progetto da proporre. È anche questa la novità e lo spirito di diversità che contraddistingue Todi: dialogare con i politici, ma non farsi travolgere dal botta e risposta. Poi, per la mia formazione di studioso, è l’approccio giusto».
Avete dei nomi, dei punti di riferimento negli attuali schieramenti?
«Parlarne sarebbe sviante. Come detto, ci troviamo all’inizio di un discorso pre-politico».
Todi può essere l’inizio di una risposta al dopo Berlusconi?
«Vedo che si parla di elezioni nel 2012. Gli italiani hanno bisogno di risposte alle loro tante domande. Siamo in un periodo grave, con un tessuto sociale lacerato e a rischio di tensioni conflittuali. Ci vuole una transizione verso un nuovo ciclo politico: responsabile, paziente e pensata. Ci siamo trovati negli ultimi dieci anni in quella che chiamo la “triste epoque”. Forse in Italia una vera cultura di destra non c’è mai stata. Quella di sinistra si trova in crisi. Non è così, però, per la cultura dei cattolici. Che in questi anni, come si vede, è sempre stata alimentata e promossa».
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