“Fiat manterrà  i posti in Italia il più possibile”

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TORINO – Quando Emma Marcegaglia arriva nel salone dell’Unione industriale di Torino, tutti gli sguardi si girano verso Sergio Marchionne. E’ il primo incontro pubblico tra l’ex socio e la presidente di Confindustria. Lei lo va ad abbracciare e offre ai cronisti un rassicurante: «Non abbiamo mai litigato, il nostro rapporto personale è ottimo, come sempre». Sorrisi, foto ricordo. Poi il via al dibattito e tornano le punzecchiature. Comincia l’ad che nel suo discorso lega la scelta della Fiat di uscire da Confindustria alla necessità  di «diventare più efficienti e liberarci da vincoli che in un’economia di mercato non sono che inutili freni». Tra questi ci sono anche quegli accordi con la Fiom che Marchionne considera uno dei freni allo sviluppo della sua azienda. Tanto che il sindacato di Landini finisce per occupare una parte significativa del discorso dell’ad del Lingotto e del suo intervento alla successiva tavola rotonda. Per Marchionne la Fiom «che rappresenta solo il 12% dei nostri lavoratori», esercita «la tirannia della minoranza» e ha una posizione «preconcetta, anacronistica, alimentata da un antagonismo a priori». Parole forti che torneranno nella tavola rotonda successiva come se davvero il sindacato di Landini fosse uno dei problemi principali del Lingotto. Con sarcastica leggerezza toccherà  a Marcegaglia smontare la tesi: «Caro Sergio – dice la presidente dal palco – capisco e condivido la denuncia degli atteggiamenti ideologici di una parte del sindacato. Che non è tutta la Fiom, è una parte della Fiom. Nella mia azienda, ad esempio, i delegati della Fiom hanno firmato un accordo sconfessando i dirigenti provinciali».
L’ad del Lingotto protesta contro la fuga di notizie sulla richiesta di chiarimenti da parte della Consob in merito al futuro del piano Fabbrica Italia: «Siamo rimasti sorpresi del fatto che una richiesta della Consob di natura limitata alle parti abbia trovato ampia copertura nei media». In ogni caso «non ci pare logico che la Fiat debba fornire dettagli di previsioni pluriennali». Il Lingotto garantisce «il mantenimento dei posti di lavoro in Italia, nei limiti del possibile». E lo stesso Marchionne ridefinisce il progetto Fabbrica Italia: «Era e continua ad essere semplicemente un indirizzo che Fiat intende seguire. E’ quindi impossibile precisare sin d’ora i dettagli degli investimenti sito per sito». In ogni caso, fa notare l’ad del Lingotto, nel 2011, nonostante la crisi, il risultato operativo di Fiat e Fiat industrial sarà  superiore a quello di Fiat nel 2008, anno record.
Immediate le risposte della Cgil agli attacchi. Per il segretario Vincenzo Scudiere «cresce il sospetto che la Fiat voglia lasciare l’Italia». Per Giorgio Airaudo della Fiom, «quella di Marchionne è un’ossessione: ci sopravvaluta. Oppure ci usa per scaricare su altri le sue difficoltà . Alla Sevel, dove ci accusa di bloccare gli straordinari, l’accordo sui sabati era stato trovato. Fino a quando da Torino non è arrivata la pretesa ideologica di infilarci la clausola che punisce chi sciopera. Senza l’ideologia di Marchionne, nelle sue fabbriche si lavorerebbe di più».


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