“A Kashagan primo petrolio a fine 2012”

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ATYRAU – Il giacimento di Kashagan, che da 14 anni fa faticare Eni e le major nel Mar Caspio, si avvia verso il suo primo barile. «Siamo molto fiduciosi di concludere i lavori di ingegneria che porteranno dalla fase progettuale a quella operativa per fine 2012, in linea con gli obiettivi», ha detto Umberto Carrara, numero uno del consorzio Agip Kco che sta costruendo l’infrastruttura. Siamo ai lavori di messa a punto e connessione finale, perché il 94% delle infrastrutture – tra isole artificiali nel Caspio e l’impianto di Bolashak per separare petrolio, gas e zolfo e veicolarli per condotte e ferrovia – è completo. In ritardo di sette anni per il “first oil”, con conseguente lievitazione di costi da meno di 20 miliardi di dollari agli attuali 33. E in mezzo (2008) lo smacco, per gli italiani, di perdere la regia di quello che Carrara definisce «il più complesso progetto petrolifero esistente». Molti i perchè: il Caspio ha profondità  da 2 ai 5 metri, e ghiaccia tra novembre e marzo, con temperature fino a 40 gradi sotto zero; il giacimento ha una pressione tale che serve una pompa a 800 atmosfere per riniettare il gas; la miscela estratta di gas e greggio contiene acido solfidrico, letale anche in piccole dosi; si aggiunga una burocrazia di ispirazione sovietica. Tutto però vale la fatica: è la maggiore scoperta da 40 anni, con riserve per una dozzina di miliardi di barili, 75 chilometri per 45 di cui solo 10 per 10 sviluppati.
Ad Atyrau circolano diverse motivazioni su dissidi e ritardi tra i partner e la Repubblica imperniata su Nursultan Nazarbaev: le invidie di Exxon, le ambizioni politiche e finanziarie kazake, il cambio in corsa che costrinse, cinque anni fa, a riprogettare D Island, il sito di 12 pozzi che pompano a ritmo di 25mila barili al giorno una miscela ad alta pressione e tracce di H2s. Per scongiurare ogni pericolo le vie di fuga furono ampliate, e l’isola allungata da 700 a 1.250 metri. Dopo l’errore i partner chiesero e ottennero da Eni la regia comune, in atto dal 2013. «Ma ora lavoriamo in buona armonia – aggiunge Carrara -. Il 94% delle infrastrutture è completo, abbiamo posato tutte le pipelines e scavato metà  dei pozzi (41, ndr). Se ci lasciano lavorare tra un anno avremo finito». Il 2013, è dietro l’angolo, vista la magnitudo del progetto. Eni, Exxon, Shell, Total e KazMunaiGas (soci al 16,8%, che doppiano Inpex e ConocoPhillips) devono capire subito e decidere presto se costruire nuove isole e se collegare le nuove scoperte agli impianti esistenti, quanti miliardi investire ancora, come gestire l’intemperanza dei locali. Il premio finale sono 180mila barili al giorno dal 2013, che in un anno raddoppieranno iniettando gas nei pozzi, fino a 450mila. Ma raggiungere gli 1,5 milioni del target 2020 sarà  un cimento, perché gli anni passano, un giacimento ha un suo corso di vita, infine il contratto che lascerà  tutto in mano ai kazaki scade nel 2041.


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