Proibito il corteo Fiom

by Sergio Segio | 18 Ottobre 2011 7:36

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 ROMA. A memoria di sindacalista, non si ricorda una cosa del genere. Ma il governo prova a trasformare una giornata di conflitto aspro in occasione di vendetta. Verso chi manifesta in genere, certo. E soprattutto nei confronti della Fiom, che della giornata di sabato è stata protagonista pacifica e anche molto arrabbiata per la piega presa dagli eventi.

Quando Maurizio Landini, segretario generale dei metalmeccanici della Cgil, ha dato notizia in conferenza stampa del divieto disposto dalla Questura sulle tre piazze richieste per la manifestazione di venerdì, molti sono rimasti con un punto interrogativo stampato negli occhi. «La questura non ci ha ancora autorizzato il corteo. Per noi fare il corteo è necessario, a maggior ragione dopo quello che è successo sabato. Chi si è organizzato per mesi lo ha fatto per colpire chi manifestava. Noi garantiamo la sicurezza. Nelle nostre manifestazioni non si viene con i caschi e gli zaini pieni di cose. Si viene con la faccia scoperta e con le mani libere».
In un primo momento era stata richiesta piazza Navona. Ma su questa già  gravava un’ordinanza di divieto generico da parte del sindaco della Capitale, l’ex fascista Gianni Alemanno; che aveva a sua volta preso a pretesto un «vandalo» sorpreso mesi fa a danneggiare in perfetta solitudine una delle tre fontane della piazza. Bocciata anche la seconda richiesta – piazza Farnese – giudicata troppo vicina alla prima. Fin qui si era ancora nella «quasi normalità », e queste risposte erano state date ancor prima della manifestazione e degli scontri di sabato. Ma la lunga attesa per una risposta sulla terza piazza – Santi Apostoli – aveva fatto capire che c’è un calcolo e un disegno politico dietro le lungaggini.
Un disegno diventato chiaro nel pomeriggio, quando da via San Vitale è trapelato un divieto formale al corteo. Le parole usate sono però forse ancora più gravi dell’atto in sé; veniva infatti detto che «non c’è nessun divieto a manifestare, ma ai lavoratori della Fiom sarà  messa a disposizione venerdà­ una piazza. Non ci sarà  un corteo alla luce di quanto accaduto sabato scorso». Continuava la mediazione per «garantire il diritto di tutti a manifestare» e «venire incontro alle esigenze dei romani che hanno pagato un prezzo troppo alto» a causa del corteo dello scorso sabato. Ma al momento, «per motivi di sicurezza», niente corteo.
Una decisione di una gravità  eccezionale. Le «ragioni di sicurezza» sono decisamente una scusa risibile. La manifestazione del 21 interessa soltanto lavoratori della Fiat e di Fincantieri: ovvero gente che lavora da anni fianco a fianco, si conosce benissimo e verrà  a Roma mettendosi in piazza per gruppi sostanzialmente omogenei (per azienda e singolo stabilimento). Che in una situazione del genere si possa «infiltrare» qualche giovane «vestito di nero» è assolutamente da escludere. Se anche non si trattasse della Fiom – che ha una storia chiarissima di come «sta in piazza» – quella motivazione non potrebbe reggere a un esame men che superficiale.
Le tute blu non intendono però accettare un diktat del genere e insisteranno «nel chiedere di fare un corteo e di terminare in una piazza». Come hanno sempre fatto. «Speriamo ancora che la questura ci ripensi; noi non consideriamo questa risposta definitiva. Non esiste che non ci diano una piazza». In fondo, spiegano a Corso Trieste, «sarebbe la risposta migliore ai fatti di sabato». Una bella manifestazione operaia, pacifica, per conservare il diritto democratico garantito dalla Costituzione.
«Sembra incredibile che a solo un anno dalla manifestazione del 16 ottobre – quella in cui la Fiom e i movimenti portarono a Roma quasi mezzo milione di persone, ndr – si sia arrivati a questo punto. Se la risposta a 1.000 violenti è vietiamo le manifestazioni, si tratta di una risposta pericolosa». E anche un po’ assurda, visto che al corteo era stata invitata a partecipare anche la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso.
Ma il clima politico viene avvelenato in modo bipartisan, rendendo difficile ragionare in modo serio su un argomento serissimo come l’esercizio della democrazia. Da una parte c’è la stampa berlusconiana che sparge allarmismo parlando di «sindacato che prepara un autunno caldo contro il governo» (Il Giornale, ieri), di volontà  di «portare in piazza i lavoratori per protestare contro le politiche economiche del governo» – fatto assolutamente normale, visti gli effetti che queste stanno già  avendo. Dall’altra c’è una parte della stampa anti-berlusconiana che pensa di poter mettere in difficoltà  il Cavaliere sorpassandolo a destra e chiedendo «massima fermezza» nella gestione dell’ordine pubblico. Fino a un Antonio Di Pietro che rispolvera i fasti omicidi della «legge Reale» (254 morti e 371 feriti, quasi tutti innocenti cittadini che si erano trovati a passare nel posto sbagliato al momento sbagliato; www.ecn.org/lucarossi/625/625/tab1.htm)[1].
Con «democratici» così, le svolte reazionarie hanno spesso la strada spianata.

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Endnotes:
  1. www.ecn.org/lucarossi/625/625/tab1.htm): http://www.ecn.org/lucarossi/625/625/tab1.htm%29

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