Prezzi caldi, salari fermi caro vita al record decennale
Una tendenza che i consumatori denunciano da anni, ma che ora si vede nero su bianco anche mettendo a confronto i dati Istat delle retribuzioni del mese di settembre con quelli della corrispondente inflazione. Il divario – rivela una elaborazione Ansa – è aumentato e ha raggiunto livelli mai visti negli ultimi quindici anni: bisogna risalire al 1997 per vedere una differenza ampia come quella attuale.
Nell’ultimo anno, il costo della vita ha subito un’impennata del 3 per cento, ma il ritocco delle buste-paga dei lavoratori dipendenti si è fermato all’1,7. C’è uno stacco dell’1,3 per cento a sfavore delle entrate. Dietro a questo scalino c’è sicuramente il peso che la bolletta energetica ha avuto sulla revisione dei listini, ma anche l’aumento di un punto di Iva introdotto dalla manovra estiva può aver giocato un’importante parte.
Basta andare indietro di dieci anni, all’esordio dell’euro – dicono le associazioni dei consumatori – per capire come i prezzi abbiano ingranato la quarta e i salari siano invece rimasti in prima. Il Casper (Comitato contro la speculazione e per il risparmio che elabora i dati per conto di Adoc, Codacons, Movimento difesa del cittadino e Unione nazionale consumatori) stima che fra il 2001 e il 2011 le famiglie abbiano perso il 39,7 per cento del loro potere d’acquisto grazie ad un incontrollato lievitare delle spese che ne ha “massacrato” i bilanci.
Nella lista dei cento prodotti analizzati dalle associazioni, balza all’occhio il rincaro che dal 2001 ad oggi hanno subìto il tramezzino al bar o la penna a sfera (192 e 207 per cento). Ma guadando al totale la perdita del potere d’acquisto è – secondo il Casper – valutabile in 10.850 euro in famiglia.
Risultati in linea con quelli elaborati da un recente studio della Cgil (“Salari, il decennio perduto”) secondo il quale nel 2011, a prezzi correnti, il livello della retribuzione netta sarà inferiore a quello del 2000. Ma oltre ai rincari dei listini, precisa il sindacato, nella qualità della vita di un lavoratore dipendente pesa anche la mancata restituzione del fiscal-drag e il mancato aggiornamento dei contratti. Alla fine di settembre, la quota dei dipendenti in attesa di rinnovo era del 33,1 per cento nel totale dell’economia e del 12,9 nel settore privato. L’attesa del rinnovo per i lavoratori con il contratto scaduto era, in media, di 21,4 mesi nel totale e di 22,4 mesi nell’insieme dei settori privati. Nella Pubblica amministrazione vige il blocco, ma le cose non vanno meglio per i dipendenti delle grandi imprese: ad agosto, secondo l’Istat, la retribuzione lorda per ora lavorata (al netto della stagionalità ) è diminuita dello 0,7 per cento rispetto al mese precedente.
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