Ponte di Messina, la grande opera a rischio di «super penale» Può costare allo Stato 800 milioni
Andrebbe riletta oggi, quella lettera, dopo i fischi che il ministro delle Infrastrutture si è beccato dai costruttori esasperati per le promesse non mantenute, ma soprattutto alla luce di quanto ha raccontato ieri su questo giornale Paola Di Caro. È successo che Matteoli e il suo collega dello Sviluppo economico Paolo Romani hanno protestato per i tagli imposti da Giulio Tremonti, arrivando a paventare il blocco dei cantieri e dei contratti già firmati. Al punto da non poter escludere l’eventualità di dover pagare alle imprese pesanti penali per non aver rispettato i patti. Quanto pesanti? Dal 5% al 10% dei quattro quinti dell’importo dei lavori. Per capirci: tagliare un miliardo di opere contrattualizzate potrebbe comportare un onere variabile fra 40 e 80 milioni. Al netto, naturalmente, delle probabili cause civili, degli inevitabili arbitrati, degli scontati ricorsi al Tar. Difficile dire quanto il rischio sia concreto. O quanto piuttosto la mossa abbia lo scopo di indurre il Cavaliere a pretendere qualche concessione dal ministro dell’Economia.
Fin troppo facile, invece, individuare una delle opere in cima alle preoccupazioni: il ponte sullo Stretto di Messina. Il progetto definitivo è stato firmato, il contratto con il general contractor Eurolink è operativo. Ma se è vero, come teme l’associazione dei costruttori, che i tagli si concentreranno sul Fondo infrastrutture, potrebbe sparire anche il finanziamento di un miliardo e 300 milioni per il ponte, oltre ai 330 milioni destinati all’aumento di capitale della società Stretto di Messina. Totale: un miliardo 630 milioni, ben oltre metà dell’impegno finanziario pubblico. E i conti sono presto fatti. Nel caso in cui l’opera venisse cancellata si dovrebbe pagare una penale che potrebbe valere da un minimo di 160 fino a 400 milioni di euro. Cifra alla quale andrebbero poi sommati i costi finora sostenuti dalla società Stretto di Messina, a quel punto inutili (270 milioni), più le spese per la liquidazione, quelle degli eventuali contenziosi, gli indennizzi per i consulenti, le cause di lavoro… Insomma, siamo fra i 500 e gli 800 milioni.
Andiamo avanti. Perché oltre al ponte ci sono tante altre opere che ballano. Si comincia, naturalmente, con quelle, pur già finanziate, per le quali non sono partiti ancora i bandi di gara né ci sono cantieri aperti. Per esempio l’edilizia scolastica: 593 milioni già assegnati, dei quali soltanto 62 appaltati. Ma anche 168 milioni destinati alla ricostruzione degli edifici pubblici nell’Abruzzo terremotato. E le linee di alta velocità Milano-Genova e Treviglio-Brescia. Oppure la strada fra Maglie e Santa Maria di Leuca, in Puglia, già finanziata con 135 milioni. O ancora, il raddoppio della statale 640 Porto Empedocle, per cui il Cipe ha stanziato 209 milioni. Per non parlare degli interventi di manutenzione delle strade Anas e della rete ferroviaria, che dovrebbero assorbire 570 milioni. Dei famosi «interventi di riduzione del rischio idrogeologico»: 900 milioni. Oltre che del piano di opere «medio-piccole» per il Mezzogiorno: 413 milioni, dei quali finora soltanto 43 impegnati.
Si tratterà però di vedere se il sacrificio delle opere finanziate ma ancora non partite risulterà sufficiente per arrivare ai fatidici 4,5 miliardi di tagli previsti, o al contrario si dovrà affondare il coltello nella carne viva dei lavori già banditi o avviati. Il fatto è che dopo il salvataggio dei Fondi «aree sottoutilizzate» (i cosiddetti Fas) regionali avvenuto in Parlamento, è stato giocoforza dirigere il bisturi sui fondi della presidenza del Consiglio e delle infrastrutture.
Nella lista delle opere finanziate di quest’ultimo c’è, tanto per fare un caso, la linea 5 della Metropolitana di Milano, che secondo i piani dovrebbe essere completata per l’Expo del 2015: il finanziamento statale è di 385 milioni. C’è poi il piano delle carceri, che vale in tutto 700 milioni. Quindi il primo lotto del Terzo Valico del Giovi (100 milioni), opera faticosamente avviata dopo lunghe polemiche sul rischio di perdere, causa lungaggini, i finanziamenti europei. Il «sistema pedemontano» Lecco-Bergamo. I lavori all’aeroporto di Palermo. La Ferrovia «Circumvesuviana» Torre Annunziata- Pompei, la metrotranvia di Bologna, i passaggi a livello di Bari…
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