Pietà  l’è morta Bene! Anzi, «Male»

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E però parlare del Male di Vauro & Vincino, da questa settimana nelle edicole, non è facile in ogni caso, per vari motivi. Primo, la nostalgia è una brutta bestia, e a noi satirici di mezza età  il vecchio Male ricorda non solo una stagione di risate matte, ma anche un’adolescenza in cui tutto sembrava possibile (si parla di ’77 e dintorni, al netto e al lordo della mitologia). Secondo: sarebbe ingiusto sia per il Male vecchio che per il Male nuovo fare paragoni dopo il numero d’esordio. Terzo, la stampa satirica italiana (dal Male a Cuore, per dire) ci ha abituato a grandi amori e grandi abbandoni, a vite magnifiche e funerali pietosi, senza contare che un’avventura editoriale nel 2011 sa più di sfida agli dei che di scommessa (e nessuno come noi del manifesto lo sa).
Messo agli atti tutto questo – e non solo per mettere le mani avanti – non c’è niente di più difficile di spiegare che si ride, e si ride bene, e si ride acido e cattivo, e questo, per un primo numero e per un giornale nuovo, è un complimento mica da poco. La via crucis di Silvio Nostro (Vauro) è da antologia, così come è bello ritrovare la ferocia del grande Vincino, con il suo tratto così sgangherato da rasentare la raffinatezza (e che, diciamo la verità , non abbiamo il cuore di seguire su Il Foglio, quella specie di Ti Adoriam Silvio Divino per fighetti che certo non merita la sua ferocia). Ma poi: che piacere rivedere a piede libero Scozzari, e l’ottimo Perini, qui in versione Hieronymus Bosh, e un inedito Santoro alle prese con l’allegoria, e altri ancora. Nostalgia canaglia.
Ma c’è di più, naturalmente, e nello specifico una cosa assai ardua da spiegare. Mi ci proverò lo stesso. Ecco. C’è un momento preciso in cui la satira muore. E’ quel momento maledetto in cui chi scrive, disegna, narra, lima battute, affila il racconto si chiede: ma questo potrò dirlo? Non starò esagerando? Non starò superando un limite? Ecco, in quel momento la sconfitta ti morde. E dunque è con magno gaudio e grande ammirazione che dico: questo nel nuovo Male non succede. Pietà  l’è morta. Se cercate il politicamente corretto siete nel posto sbagliato. E così capita anche ai più rudi, ai cattivi e ai senzadio – categorie dello spirito – di sobbalzare per l’ardire, di scovare il piccolo-borghese che è in noi che si fa épater come un fesso – e fucilarlo ridendo su due piedi. Bene! Anzi, Male! Poi, certificata la ferocia e l’assenza di fair play (bentornata, ministronza Meloni!), ognuno ci cerchi quel che vuole (io approfitto per confessare un debole per il Male dei piccoli di Roberto La Forgia).
Ora, se tutto va bene, si alzerà  qualche cretino a parlare di volgarità , violenza, cattivo gusto, poca eleganza e tutte le altre cazzate che si dicono quando la satira viola le regole. Ma siccome la satira di regole non ne ha – a parte la regola di non avere regole – chissenefrega: non è mica un pranzo di gala, non si mangia con le posate, e se serve un deodorante si può usare Arbre Catholique. Insomma, se non portasse un bel po’ di sfiga potremmo dire: buona la prima. Ma siccome siamo un po’ stronzi anche noi, vogliamo altre prove, di tutto e di più, che so, un altro «Tognazzi capo delle Br», come fece il Male antico. Possiamo sperare tanto? Lo so, lo so che ora è più difficile. Figuratevi voi: c’è Della Valle capo dell’opposizione, voglio proprio vedere come si potrà  essere più assurdi di così. Ma non disperiamo. V&V possono farcela. Auguri.


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