by Sergio Segio | 1 Ottobre 2011 6:48
Non sarà domani, né dopodomani: molti, forse troppi ponti devono essere ancora varcati. Ma Ucraina, Georgia, Moldavia, Armenia e Azerbaijan, membri del cosiddetto «partenariato dell’Est» insieme alla Bielorussia, si sono sentiti dire dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e da Herman Van Rompuy, presidente stabile della Ue, che questi ultimi «riconoscono le loro aspirazioni europee». E sono pronti a fornire aiuti, anche economici, come e più ancora che nel passato (sempre che lo consentano il malessere dell’euro o della Grecia).
I governi dell’Est, che già possono contare su stanziamenti Ue di 1,9 miliardi da qui al 2013 per combattere la corruzione e modernizzare i Paesi, hanno promesso in cambio di completare le riforme politiche ed economiche già avviate nel segno della democrazia. Ma, soprattutto, hanno trovato un tema su cui far convergere le loro voci e costruirsi un profilo forte e credibile di fronte a Bruxelles, Berlino o Parigi: il monito alla Bielorussia, anch’essa in attesa sulla soglia del «partenariato», ma già colpita dalla sanzioni economiche e diplomatiche europee, perché allenti la repressione politica interna. In due parole: il «qualcosa di nuovo» sul fronte orientale può essere proprio questo Est che parla a voce alta di democrazia, e se necessario tuona, non meno di come un tempo sentiva tuonare nei propri confronti l’America o l’Occidente. E forse, il volano dell’evoluzione sta proprio in quella Polonia che fino al 31 dicembre sarà presidente di turno Ue: potrebbe essere un modo per riempire almeno in parte uno dei due grandi vuoti (uno rimpianto, l’altro festeggiato) lasciati dalle superpotenze su questo versante del continente.
A Varsavia, ieri e l’altro ieri, la Bielorussia era presente solo con due leader dell’opposizione in esilio: un mancato invito al presidente Alexandr Lukashenko, l’uomo contestato da tutto l’Occidente, avrebbe fatto scattare il boicottaggio bielorusso dell’incontro e il ritiro di un ambasciatore da una cena diplomatica. Ma ciò che si voleva dire è stato detto lo stesso: «Abbiamo un messaggio molto chiaro per la Bielorussia — ha scandito il premier polacco Donald Tusk — è possibile un aiuto significativo alla modernizzazione del Paese, ma sarà offerto solo a uno Stato democratico. Con la situazione finanziaria della Bielorussia oggi, l’aiuto internazionale pare proprio indispensabile». Si riferiva alla crisi profonda di Minsk: 3 miliardi di euro da trovare subito per coprire un debito pubblico fibrillante. Ma al vertice si è parlato anche di Ucraina, protagonista di avanzate trattative commerciali con Bruxelles, e tuttavia oggetto di preoccupazione per le sue vicende interne: Van Rompuy ha ripetuto che la Ue segue attentamente il processo in corso a Yulia Tymoshenko, l’ex premier accusata di comportamenti poco limpidi. Come dire: l’Europa democratica non si vede solo nel commercio, ma anche nelle aule dei tribunali.
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