Nocs, via l’ispettore degli abusi in caserma

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ROMA – Cadono le prime teste per lo scandalo dei Nocs. All’indomani delle rivelazioni di Repubblica che indicavano la presenza degli uomini “del sottocomando” sui luoghi dell’omicidio dell’agente Donatoni, l’ispettore Fernando Olivieri è stato rimosso dal suo incarico. Olivieri era l’uomo di riferimento, il capo di quel gruppo di agenti ormai definitivamente fuori controllo che da anni dettava legge all’interno della caserma polifunzionale di Spinaceto, a Roma.
Quei morsi, stando a quanto hanno raccontato alcuni testimoni, erano il segno di approvazione che quelli del “sottocomando” lasciavano alle reclute e agli ufficiali di loro gradimento. Per gli altri, per quelli che il morso non lo ricevevano, la vita in caserma era un inferno di violenze fisiche e psicologiche. Un comportamento inspiegabilmente tollerato dai vertici. Almeno fino a qualche giorno fa, quando, una volta emerso il collegamento con la morte di Samuele Donatoni (l’agente ucciso nel 1997 durante il blitz per la liberazione dell’imprenditore Giuseppe Soffiantini) il capo della Polizia Antonio Manganelli ha preso in mano la situazione e ha scelto di dare un «segnale forte», incaricando il dipartimento di pubblica sicurezza – che conferma l’allontanamento dal Nocs dell’ispettore Olivieri “destinato ad altro incarico” – di far luce “«in modo sostanziale» su tutta la vicenda. Una presa di posizione accolta con favore anche dai sindacati: «Valutiamo molto positivamente i comportamenti adottati», spiega Gianni Ciotti segretario provinciale del Silp-Cgil che, per primo ha condannato le violenze nel reparto d’eccellenza della polizia.
A 14 anni di distanza da quei fatti, la verità  potrebbe dunque essere definitivamente riscritta. Anche perché, una delle conseguenze delle novità  emerse nelle ultime ore è la richiesta di revisione del primo “processo Soffiantini”. L’atto verrà  depositato a giorni dall’avvocato Luigi Cucca, difensore di Osvaldo Broccoli, uno dei sequestratori dell’imprenditore, condannato anche per il concorso morale nell’omicidio Donatoni. Il suo accoglimento appare una pura formalità , visto che nel 2005 una seconda sentenza, anche questa passata in giudicato, ha dimostrato che l’intero processo del 2000 era stato viziato da numerose false testimonianze (da parte dei periti e di alcuni agenti del Nocs) ed ha concluso per il fuoco amico. La delicatezza di un nuovo processo per quei fatti, non può sfuggire: considerato ciascuna delle mille domande che verranno poste ai testimoni – gli agenti Sorrentino, Miscali, Filipponi, tutti in azione a Riofreddo con la vittima – potrebbe provocare sconquassi all’interno delle massime gerarchie della polizia di stato. Chi o cosa coprivano gli agenti che mentirono a processo? Perché? Perché la polizia scientifica venne fatta arrivare a Riofreddo solo tre ore dopo il delitto? Perché nessuno ha preso in considerazione le dichiarazioni del bandito Giorgio Sergio sulla sparatoria di pochi giorni dopo («la morte di Moro fu un’esecuzione»)? Perché quegli uomini sono rimasti a “comandare” al Nocs, per 14 anni, indisturbati? «Io sono certo che i giudici del processo del 2000 fossero in buonafede – spiega l’avvocato Cucca – Tuttavia è sempre stato evidente che quel processo ha finito per sposare una tesi assolutamente inverosimile».


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