Niente sportello unico in una città  su quattro

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ROMA — Mentre il governo punta sulla semplificazione e la digitalizzazione per dare una spinta alla crescita dell’economia, lo sportello unico per le imprese, lanciato per la prima volta 13 anni fa, non è ancora realizzato nel 24% dei comuni italiani, nonostante appena un anno fa, con il Dpr (Decreto del presidente della Repubblica) 160 fosse stato fissato il termine ultimo del primo ottobre 2011. Il Suap (Sportello unico per le attività  produttive), come lo definisce la legge, dovrebbe rendere effettivo lo slogan dell’«impresa in un giorno» attraverso un canale telematico al quale chi vuole aprire un’azienda affida il disbrigo di tutte le pratiche necessarie e se entro 60 giorni non riceve una risposta, per la regola del silenzio-assenso, si intende autorizzato. Certo, il bicchiere anziché mezzo vuoto può essere considerato mezzo pieno e in questo caso si dirà  che il 76% dei Comuni ha lo sportello unico. Resta il fatto che solo due regioni, Toscana e Valle d’Aosta, hanno il 100% dei comuni con il Suap, che nel Mezzogiorno siamo ancora lontani dalla meta: 52% dei comuni in Calabria, 55% in Sicilia, 56% in Molise. Ma difficoltà  ci sono anche in Liguria con il 61% dei comuni con il Suap e in Friuli Venezia Giulia con il 62%.
A livello provinciale agli ultimi posti ci sono Caltanissetta (14%), Catanzaro (20%), Enna (25%), Foggia (31%), ma indietro sono, per esempio anche Imperia e Trieste col 33% e Pordenone col 43%. I dati (al netto del Trentino Alto Adige che segue specifiche normative) sono dell’Unioncamere, aggiornati al 14 ottobre. Le Camere di commercio svolgono infatti un ruolo centrale nel processo di semplificazione per le imprese e a loro i comuni, in genere i piccoli, possono delegare l’apertura del Suap, cosa che hanno fatto ben 2.270 mentre altri 3.905 lo hanno aperto in proprio, per un totale di 6.175 su 8.092 comuni. Un buon risultato, sottolinea il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, che non nasconde però le difficoltà  che ancora restano da superare: «Occorre fare tre cose: rendere disponibili a tutte le imprese gli accessi alla banda larga, indispensabili per far viaggiare il flusso delle informazioni; ridurre e standardizzare le procedure amministrative sul territorio; operare affinché tutte le amministrazioni coinvolte possano interloquire con le medesime modalità  telematiche con le imprese e i Suap».
E già  perché, nonostante il decisivo impegno delle Camere di commercio, il lancio dello sportello on line e la creazione del portale www.impresainungiorno.gov.it non bastano a garantire che la procedura funzioni e che in l’azienda si possa aprire, se non proprio in un giorno, comunque rapidamente. Tanto che il 28 settembre scorso i ministeri dello Sviluppo economico e della Semplificazione hanno diramato una circolare per affrontare alcuni problemucci che pare incredibile siano ancora lì ad ostacolare la riforma, tipo la predisposizione di una modulistica uniforme e l’armonizzazione degli importi di diritti e tasse. Così dalla lettura del testo apprendiamo che su questo punto la semplificazione è ancora lontana, tanto che «ai fini della realizzazione del sistema di pagamento del portale, le amministrazioni sono chiamate a pubblicare nei rispettivi siti Internet l’elenco dei pagamenti da effettuarsi per ciascun procedimento, le causali, le modalità  di calcolo degli importi e gli estremi dei conti correnti bancari e postali». Oppure leggiamo che «il soggetto interessato provvede, qualora il Suap non disponga dell’autorizzazione che consente il pagamento dell’imposta di bollo in modo virtuale, ad inserire nella domanda i numeri identificativi delle marche da bollo utilizzate, nonché ad annullare le stesse, conservandone gli originali». Vi pare anche questa una semplificazione? Finché si arriva al punto in cui si prevede per i Comuni che non siano in grado di far funzionare lo sportello telematico («gravi carenze infrastrutturali») di tenere lo sportello fisico dove chi vuole avviare un’impresa invia o consegna la pratica cartacea. Un ritorno alla carta, come nel primo progetto di sportello unico, quello del 1998, ma allora i computer nella pubblica amministrazione erano ancora una rarità . L’idea era che chi voleva aprire un’impresa non doveva fare il giro di decine di amministrazioni diverse per ottenere tutti i permessi, le autorizzazioni e le licenze necessarie, ma che, presentata la domanda allo sportello unico, fosse l’amministrazione a raccordare tra loro tutti gli uffici per chiudere la pratica. Ma non ha funzionato.
Dieci anni dopo, nel 2008, la svolta con la riforma che punta sullo sportello on line. Sono passati altri tre anni e ci vorrà , dice l’ultima circolare, un nuovo decreto, attualmente all’esame della Conferenza Unificata Stato Regioni Enti locali, per risolvere le problematiche che ancora ci sono mentre, secondo quanto previsto dalla legge 106 del 2011, nei comuni che non hanno rispettato il termine del primo ottobre 2011 il prefetto, trascorsi trenta giorni, può nominare un commissario ad acta per la realizzazione del Suap. Tredici anni e ancora non è finita.


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