New York, anatomia di una protesta

by Sergio Segio | 4 Ottobre 2011 16:19

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Il fiume in piena della rabbia americana ha riunito i crociati contro la globalizzazione agli anarchici, i disoccupati ai giovani, frustrati dalle misere prospettive di lavoro. Come giudicare la protesta attuale? Come prevederne gli sviluppi? Per gli storici e i sociologi americani è difficile stabilire se gli indignados di New York daranno vita a un movimento duraturo, se le passioni della prima ora verranno strutturate e acquisiranno finalità  politiche.

I settecento arresti della Grande Mela non hanno fatto che dare impulso alla campagna. Nuove manifestazioni si terranno questa settimana in numerose città  statunitensi, e accampamenti urbani sono previsti nelle località  più disparate: Memphis, Hawaii, Minneapolis, Baltimora, secondo quanto riporta il sito nato sull’onda del movimento, Occupy Together,[1] una rete non ufficiale di protesta che elenca dozzine di dimostrazioni a venire, incluso alcune in Europa e Giappone. Nella capitale, ‘Occupy D.C.’ unirà  le proprie forze a quelle di un gruppo anti-guerra e anti-corporazioni chiamato ‘Ottobre 2011’: l’ntento è quello di accamparsi di fronte alla Casa Bianca. Almeno duecento persone sono accampate fuori dalla City Hall di Los Angeles, e il clima che si respira è quello dei movimenti degli anni ’60: i ragazzi suonano la chitarra e i bongos, e accanto a cartelli con scritto ‘Food not Bombs’ sono comparsi alcuni con ‘Food not Banks’.

A Chicago qualche decina di manifestanti hanno sistemato sacchi a pelo per proseguire nella protesta che va avanti dal 24 settembre. Ricevono alimenti e coperte dalle organizzazioni caritatevoli, e hanno avuto in dono così tanto cibo da aver iniziato una distribuzione ai senzatetto della città , una delle roccaforti dell’industria americana. Ogni sera, al termine dell’orario scolastico o di lavoro, il numero della gente in piazza aumenta sensibilmente, e il gruppo si mette in marcia verso Michigan Avenue.

Gli analisti di sinistra sono elettrizzati dall’energia della protesta, e confidano nel suo contributo per la nascita di un nuovo, potente movimento progressista. Robert Borosage, condirettore della Campaign for America’s Future[2], collega le proteste di Wall Street con quelle del Wisconsin in primavera, tenutesi per contestare la soppressione dei sindacati del pubblico impiego. Di fronte alle azioni aggressive della polizia di New York[3], sostiene Borosage, i manifestanti hanno agito con comportamenti non violenti, e questo è un dato che ha conquistato le simpatie degli attivisti in tutto il Paese.
Ma se il movimento vuole che l’impatto della protesta abbia vita lunga, dovrà  sviluppare dei leader e forumlare richieste chiare, secondo Nina Eliasoph, docente di sociologia alla University of Southern California. Con il Paese in crisi profonda, tutti sono costretti a ragionare di economia e di politica, per questo la protesta acquisisce risonanza emotiva. “Ma se alla tensione emotiva così forte – sostiene la ricercatrice – non si accompagna un seguito razionale, il messaggio di queste proteste rischia purtroppo di rimanere vuoto e inconcludente

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Endnotes:
  1. Occupy Together,: http://www.occupytogether.org/
  2. Campaign for America’s Future: http://www.ourfuture.org/
  3. azioni aggressive della polizia di New York: http://it.peacereporter.net/articolo/30739/Michael+Moore+e+il+%27microfono+umano%27

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2011/10/new-york-anatomia-di-una-protesta/