Nella notte il diktat del Senatur a Varese ma il Carroccio è sempre più balcanizzato
MILANO – Coi pugnali tra i denti. All’indomani del congresso di Brescia, che ha segnato un’altra sconfitta del Cerchio magico, la Lega corre verso la balcanizzazione. Non c’è solo il pesantissimo ukase di Roberto Calderoli contro il maroniano Flavio Tosi, colpevole di aver violato lo Statuto del movimento con le sue dichiarazioni men che tiepide nei confronti dei proclami secessionisti di Bossi, (ma anche di aver definito una «schifezza» la legge elettorale firmata dal ministro alla Semplificazione), e per questo in odore di espulsione. C’è soprattutto l’endorsement notturno del Senatùr, che domenica ha di fatto incoronato come nuovo segretario provinciale di Varese Maurilio Canton, sindaco di Cadrezzate molto vicino al capogruppo Marco Reguzzoni, a sua volta nemico dichiarato di Roberto Maroni ed esponente di punta dei cerchisti.
Lo ha fatto, il Senatùr, prefigurando l’esito del congresso di Varese, che si terrà tra cinque giorni. E lo ha fatto nonostante le candidature alla segreteria fossero già state presentate. A dare l’idea del clima, ecco quel che dicono i maroniani su questo improvviso comizio notturno di Bossi: «La moglie, furibonda per la sconfitta di Brescia, lo ha tirato giù dal letto convincendolo a dire quel che il Capo ha poi detto». Già la moglie, Manuela Marrone. Vestale della Lega di famiglia e mamma di quel Renzo che alla vigilia del congresso di Brescia, ancora ammaccato dalla sconfitta subita in Valle Camonica, inviava ai delegati, via sms, un consiglio perentorio: «Votate Capitanio, il candidato di papà ». Oplà , ha vinto l’altro, Fabio Rolfi, e per questo, nelle menti degli anti-maroniani, bisognava correre subito ai ripari.
I varesini legati a Maroni adesso sono furibondi, qualcuno pure con il loro capocorrente. Protetto dall’anonimato, un big di Varese disegna scenari apocalittici: «Non si può sempre subire, a questo punto è meglio che ognuno vada per la propria strada, che ci si conti per stabilire chi ha vinto e chi ha perso». E un altro dirigente: «È intollerabile che siccome “loro” (i cerchisti, ndr) stanno perdendo i congressi facciano schierare il Capo all’ultimo momento, quando le truppe sono già in campo». Dall’altra parte si risponde pan per focaccia: «I “geni”, come li chiama Bossi, fanno il bello e il cattivo tempo nei congressi, ma queste sono solo beghe di condominio, e quando arriva il padrone di casa non ci pensa un minuto a dare loro il foglio di via». Un modo un po’ cinico per ribadire che l’ascesa per via democratica dei maroniani deve essere bloccata. A cominciare dalla Lombardia, dove è segretario l’ancora potente Giancarlo Giorgetti, uomo sommamente inviso ai cerchisti, che ha come vice proprio Reguzzoni. Convivenza difficile, anche per la presenza di un secondo vice: il battitore liberissimo Matteo Salvini, pure lui nel mirino dei cerchisti. La speranza dei maroniani è celebrare il congresso regionale, ma con questi chiari di luna sembra parecchio difficile.
Quella di Varese, anche per la sua valenza simbolica, è una vicenda dilaniante. Perché questa è la culla del leghismo, la città di Bossi di cui tra l’altro è sindaco quell’Attilio Fontana che ha capeggiato la rivolta bipartisan degli amministratori contro la manovra del governo, poi costretto a dimettersi dalla presidenza dell’Anci lombarda da un diktat di Calderoli e ora sempre più scoraggiato dalla piega che hanno preso gli eventi. L’uomo del Viminale, varesino pure lui, ovviamente non gradisce affatto la mossa del Senatùr. Ma fa buon viso a cattivo gioco. Scontentando ancora di più i suoi, tra cui starebbe facendo capolino addirittura l’idea – e sarebbe davvero clamoroso – di far mancare il numero legale al congresso in programma domenica. Del caso Varese i due hanno parlato ieri in via Bellerio, durante la solita segreteria del lunedì. Maroni ha rassicurato Bossi: al congresso, «da militante», seguirà le indicazioni del segretario votando per Canton, «anche se non lo conosco». Tanto l’altro candidato, Leonardo Tarantino, non è neppure un maroniano doc, e non sarebbe bene che passasse come tale se i supporter del ministro lo sostenessero solo per odio nei confronti di Reguzzoni e compagnia. Altrimenti, è il ragionamento del ministro dell’Interno, si farebbe solo il gioco dei cerchisti, che puntano a contrapporlo direttamente al segretario federale, a rappresentare lo scontro interno non come lotta fra colonnelli, ma tra Maroni e Bossi.
È qualcosa che Bobo il temporeggiatore vuole assolutamente evitare, e in questa chiave si può leggere il suo disappunto anche nei confronti di un fedelissimo come Tosi. Insomma, Maroni esclude che il sindaco di Verona venga espulso, però ha vissuto come una fuga in avanti quelle sue ultime esternazioni così platealmente antibossiane. Eterogenesi dei fini, nella prudente strategia di Maroni. Che però non tiene contro della rivolta in corso fra i leghisti veneti, ben più decisi dei lombardi a invocare un nuovo corso. Senza Berlusconi e in nome di un «ritorno alle origini» che ha il vago sapore di una rifondazione. Tosi ha già vinto i congressi di Belluno, Vicenza, Venezia e Verona, che è anche la città del suo grande antagonista, il capogruppo al Senato Federico Bricolo, altra star del cerchismo (non a caso è stato lui a invocare più volte, e non da oggi, provvedimenti disciplinari contro il sindaco ribelle). Ma Tosi si prepara, sempre che le altre assemblee provinciali vengano convocate, a sfidare Gian Paolo Gobbo (che invece controlla in modo saldo la sua Treviso, città di cui è sindaco) per strappargli la segreteria della Liga veneta in un altrettanto ipotetico congresso regionale. Il tutto nel silenzio di Luca Zaia, che da governatore è il leghista più rappresentativo. E proprio Gobbo è alle prese con un’altra grana, quella rappresentata dal suo vice in Comune Giancarlo Gentilini, anche lui stufo di sentir parlare di secessione, oltre che di Berlusconi. Pure lo «sceriffo», come lo chiamano, rischia l’espulsione per aver dato ragione a Napolitano. Grande disordine sotto il cielo, ma – sempre parafrasando Mao – la situazione per una Lega dilaniata non è affatto eccellente.
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