Nel mondo di Pisapie è finita la ricreazione
Non stiamo qui a fare l’elenco delle tante buone cose che la giunta Pisapia ha già fatto accadere, soprattutto sul piano della convivenza civile, e rallegriamoci anche per la generosa vocazione all’ascolto della città (ascoltano tutti, o quasi) che si sta già scontrando con la necessità di prendere decisioni – perché mica tutti gli ascoltati verranno soddisfatti. Per esempio. Ci sono state proteste per il biglietto del tram a 1,50 euro, eppure l’aumento è passato. Ci sono state le solite proteste estive per la movida ai navigli, e anche la giunta Pisapia – con i dovuti modi ma mica tanto – ha partorito un’ordinanza che sembrava di essere ai tempi di De Corato (chiusura anticipata dei locali e «rimbrotto» per i bevitori all’aperto, uff).
Forse perché ci vuole tempo e coraggio per prendere decisioni politiche che vadano nella direzione delle aspettative dei cittadini che hanno animato la primavera milanese. Se però è solo l’economia a decidere quale direzione si deve prendere, se il pareggio di bilancio non si discute, allora o ci si inventa qualcosa oppure tocca sempre arrendersi al «cerbero» Bruno Tabacci, l’assessore al Bilancio che costringe tutti ad alzare gli occhi al cielo. Se si deve solo tagliare, è inevitabile che si cominci a mugugnare «ma chi ce l’ha fatto fare…». La considerazione non lascia presagire nulla di buono circa l’entusiasmo di una città che è già tornata depressa.
Per evitare il default del Comune di Milano, entro dicembre, la giunta dovrà «risparmiare» 54 milioni di euro. Monetine rispetto al 2012: si comincia a parlare di una manovra da 450 milioni. Il sindaco dovrà cercare di essere convincente. Ha promesso di tutelare i servizi essenziali «con le unghie e i denti», ma dovrà anche dire come, visto che la prima manovrina prevede 6,5 milioni di tagli alla polizia municipale, 4,6 alle scuole secondarie, 4,9 alle attività culturali, 3 agli asili nido e ai servizi per l’infanzia, 1,5 alle piscine comunali, 3 ai servizi di prevenzione e riabilitazione, 5,9 ai servizi per l’assistenza agli anziani. Eppure tutto tace. Sembra che l’ineluttabilità dei tagli imposti dal governo non ammetta discussioni (come il terremoto, c’è poco da fare), eppure proviamo ad immaginare cosa sarebbe successo se la Moratti avesse tolto 3 milioni di euro ai servizi per l’infanzia (appena tre mesi scarsi di stipendio di Ibrahimovic). Forse allora sarebbe il caso di farsi venire un’idea politica per ripianare i debiti, dotarsi di strumenti nuovi per percorrere strade nuove, far pagare i ricchi (Milano è piena), tassare chi si chiama Carlotta o Leopoldo. Altrimenti gli animi si incattiviscono e chi paga la crisi – le centinaia di precari del Comune che temono di essere licenziati, per esempio – comincerà a prendersela anche con i nuovi politici di Palazzo Marino, con il rischio che passi il messaggio che sono tutti uguali.
Considerate le aspettative, sarebbe un disastro.
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